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Adolescenti sociopatici hanno un cervello diverso

Adolescenti sociopatici hanno un cervello diverso

Uno studio recente apre nuove strade sulle neuropsicosi adolescenziali. Università Tor Vergata di Roma, Cambridge e Cnr uniti in una ricerca su e per

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Uno studio recente apre nuove strade sulle neuropsicosi adolescenziali.

Università Tor Vergata di Roma, Cambridge e Cnr uniti in una ricerca su e per i giovani. Secondo gli studiosi di queste tre istituzioni,

i giovani con problemi gravi a livello sociale avrebbero un’anatomia cerebrale diversa rispetto ai loro coetanei.

Lo studio, pubblicato sul “Journal of Child Psychology and Psychiatry”, asserisce che pazienti con malattie neuropsichiatriche, tra i 16 e i 21 anni, abbiamo una struttura della corteccia cerebrale differente rispetto ai loro coetanei.

A spiegarci meglio il lavoro interviene Luca Passamonti, dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr: “L’idea alla base dello studio è che le regioni cerebrali che si sviluppano in modo simile abbiano spessori corticali di livello comparabile. Studi precedenti, nostri e di altri gruppi di ricerca, avevano già dimostrato che l’amigdala degli adolescenti con gravi disturbi della condotta sociale presenta anomalie rispetto a quella di soggetti di pari età che non dimostrano tali comportamenti. Tuttavia, ritenevamo troppo semplicistico ricondurre problematiche della condotta così complesse ad anomalie in una singola regione cerebrale, ancorché importante come l’amigdala, e infatti i nostri ultimi dati hanno chiaramente mostrato che il disturbo della condotta sociale coinvolge moltissime regioni del cervello che presentano cambiamenti anatomici di natura complessa e sfacciata”.

Sarebbero ancora da stabilire connessioni tra genetica e fattori ambientali che possano portare alle anomalie cerebrali osservate ma “ora che siamo capaci di produrre una mappa delle anomalie nell’intero cervello degli adolescenti con disturbo della condotta sociale”, dice Ian Goodyer, del dipartimento di Psichiatria di Cambridge,potremmo vedere se le terapie disponibili siano capaci di influenzare la maturazione del cervello e di ridurre tali comportamenti”.

Di Giulio Rinaldi

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