Il governo locale, da vent’anni al potere, ha deciso di contrastare Facebook & Co. aprendo 38 siti simili. Per controllare i giovani, la repressio
Il governo locale, da vent’anni al potere, ha deciso di contrastare Facebook & Co. aprendo 38 siti simili. Per controllare i giovani, la repressione politica si affida alle armi più moderne.
Islom Karimov è da 20 anni “presidente” dell’Uzebekistan, paese dell’Asia centrale. Ha 78 anni e ha attuato uno dei regimi più duri esistenti al mondo, ancora di più dopo la riconferma-farsa avvenuta lo scorso anno, in cui il leader ha ottenuto il 90% dei voti. L’ex repubblica sovietica è divisa da lotte di potere all’interno del clan di famiglia che domina la coltivazione del cotone, principale voce del bilancio di Stato, e alle prese col crescente radicalismo islamico; la libertà di stampa non esiste e l’accesso a internet è controllato dal governo. Questo è il quadro tipico di un regime in qualsiasi angolo del mondo, ma qui, intorno a internet, si è creata una paradossale censura mondiale. In Uzbekistan, paese demograficamente giovanissimo, la propaganda si fa con gli stessi social network, sia chiaro, contro i “liberali” Facebook, Twitter e Instagram.
Pochi giorni fa è stata lanciata un’altra piattaforma, la numero 38, ideata dal governo nel corso degli anni per controllare il dissenso locale e limitare l’uso dei siti più popolari; supervisione necessaria visto anche l’aumento degli accessi internet da 7.000 persone a 12,7 milioni, circa metà della popolazione, portando ad un elevatissimo incremento degli iscritti ai social. Il regime di Karimov, spaventato dalla situazione nuova, ha così risposto con il classico metodo “occhio per occhio, dente per dente”, lanciando nel corso degli anni quasi quaranta alternative ai canali internazionali.
L’ultimo si chiama Davra.uz e, come molti altri simili, è frutto di sviluppo statale, Uzinfocom, finanziato e supportato dal ministero delle Comunicazioni. La strategia è evidente: Facebook qui ha 450mila utenti e il russo Odnoklassniki altri 900mila, il governo risponde sottraendo utente su utente. Nessuno di questi social di Stato ha avuto tali successi, ma ciascuno vanta diverse migliaia di utenti registrati (il più popolare, Muloqot.uz, si attesta sui 200mila iscritti).
La censura e il controllo della popolazione (soprattutto eventuali dissidenti) esiste da sempre, o meglio è tratto sintomatico di qualsiasi dittatura; per questo nell’era digitale, dell’internet sempre più smart, anche questo mezzo può essere utilizzato o contrastato secondo i gusti preferiti dal dittatore di turno. Ottenere dati degli utenti e monitorarli in maniera sempre più stringente è la strategia efficace, visto che negli ultimi anni le rivolte popolari sono andate sempre calando.
Noi occidentali ci vantiamo della nostra libertà, di essere i portatori sani di un modello di vita democratico e aperto a tutti, ma di fronte alle azioni dei nostri vicini, se sono antitesi del nostro stile di vita, tacciamo sempre, in virtù di interessi che non conosciamo.
Perché alla fine, dell’Uzbekistan, ma a chi gliene può importare?
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