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Effetto domino Brexit

Effetto domino Brexit

Il popolo inglese ha detto no all'UE: e tutti gli altri? Di Irene Tinero I grandi concetti si capiscono meglio su scala ridotta: immaginiamo l'UE come

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Il popolo inglese ha detto no all’UE: e tutti gli altri?

Di Irene Tinero

I grandi concetti si capiscono meglio su scala ridotta: immaginiamo l’UE come una classe. Germania, Francia e Inghilterra sono i bulli: il primo è di quel tipo che ti picchia in giardino, va sempre a braccetto con il secondo (ma non troppo) e il terzo è lo scagnozzo intelligente che, sotto mentite spoglie, ambisce al primo posto.
Un po’ come Henry, Jimmy e Tommy di Quei bravi ragazzi.
Noi siamo all’ultimo banco, insieme a Spagna e Grecia: quest’ultimo l’hanno dato per spacciato al primo quadrimestre, noi eravamo convinti di “essere il meglio tra i peggio”, ma la Spagna ci ha superati a fìne anno.
Giovedì c’è stato il compito in classe, l’Inghilterra non solo non ha passato niente a nessuno, ma a settembre cambia scuola, noi siamo impreparati e i bulli non si preoccuperanno, se non per rifilarci mazzate.

In classe ci sono anche altri: in Olanda, le ondate populiste destrorse euroscettiche stanno prendendo sempre più piede. In prima fila c’è il PVV, partito di estrema destra anti-musulmano, guidato da Geert Wilders, che invoca una “Nexit”, forse anche in virtù di una certa vicinanza con il Regno Unito: entrambi i paesi avevano chiesto una semplificazione burocratica all’Europa. I Paesi Bassi non sono nuovi a queste insubordinazioni: nel 2005 hanno detto no ad una ratifica della Costituzione Europea e in aprile, il 61,1%, ha rifiutato un accordo di associazione con l’Ucraina.
Il primo ministro Mark Rutte ha definito di “grande interesse” il caso inglese, uno “stimolo” per il suo paese.
Tuttavia, osservava giustamente ieri Enrico Letta ospite da Lilli Gruber, l’Olanda ha una spina nel fianco che l’Inghilterra non aveva: l’euro.

In riferimento a quanto accaduto oltremanica, Marine Le Pen ha parlato di “legittimazione per trasportare il dibattito in Francia”. Hollande risponde: “Il pericolo di un estremismo e del populismo è immenso”.
Anche Marion Le Pen, nipote di Marine e Jean-Marie ed astro nascente del partito, prende posto a sedere nel dibattito: “Dalla Brexit alla Frexit: è ormai tempo di importare la democrazia nel nostro Paese. I francesi hanno il diritto di scelta”.
Della serie “anche le pulci hanno una voce”.

Se Angela invita alla “calma” e alla “moderazione”, l’AFD (Alternativa per la Germania), partito di destra populista, considera la Brexit un “avvertimento” e invita l’UE ad abbandonare questa strada se non vuole che altri paesi escano. Direi che gli infaticabili crucchi potrebbero essere d’aiuto in tal senso.

Anche Matteo II dalla Padania ha detto la sua: “Evviva il coraggio dei liberi cittadini! Cuore, testa e orgoglio battono bugie, minacce e ricatti! Grazie UK, ora tocca a noi!”

Jaroslaw Kaczynski, premier della Polonia, vede nella Brexit una “conclusione chiara” e sottolinea la necessità di un nuovo trattato europeo che conferisca maggiore sovranità agli stati membri.

Stanno pensando ad una secessione anche Finlandia e Danimarca, o meglio se lo augura Nigel Farage, leader del partito inglese euroscettico, UKIP.
Insomma i leader nazionalisti sognano un addio, i leader europei supplicano di rimanere uniti.

L’Euroscetticismo fonda le sue radici in una diseguale gestione dell’immigrazione e su di un’eccessiva austerity, punti che ci riguardano molto da vicino. In Italia però, l’articolo 75 della Costituzione sancisce l’impedimento a votare in merito a trattati internazionali. Contemporaneamente, l’articolo 50 del trattato sull’UE recita: “Ogni Stato membro può decidere di recedere dall’Unione conformemente alle proprie norme costituzionali.”
È quindi impossibile un referendum italiano: non è tanto uscire, il problema è dove andare.

Appartengo alla “generazione erasmus”, quindi credo sia giusto rendere l’Europa “più giusta”, ma considero un azzardo abbandonare.
E poi “Ital-exit” suona proprio male.

Di Irene Tinero

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