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Paolo Borsellino e le gambe dei giovani

Il 19 luglio 1992, ovvero 24 anni fa, il giudice Paolo Borsellino e i suoi 5 agenti di scorta morivano in via D'Amelio, uccisi da Cosa Nostra per mezz

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Il 19 luglio 1992, ovvero 24 anni fa, il giudice Paolo Borsellino e i suoi 5 agenti di scorta morivano in via D’Amelio, uccisi da Cosa Nostra per mezzo di un auto esplosiva. Esattamente 57 giorni dopo la strage di Capaci, in cui la stessa storia vide protagonista Giovanni Falcone e i suoi uomini.

Di Irene Tinero

Tra il 1939 e il 1940 nel quartiere la Kalsa di Palermo, in due vecchi palazzi distanti 200m, nascevano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Non frequentarono le scuole insieme perché il primo aveva un anno in più del secondo, ma non fu certo questo ad impedire che tra i due nascesse una bella amicizia.

Il loro rapporto si rafforzò a metà degli anni ’80, quando furono coinvolti nelle indagini all’Asinara e nel Maxi Processo di Palermo, conclusosi con 342 condanne, di cui 19 ergastoli.

Tante le importanti battaglie condotte insieme che hanno trovato una tragica fine nel tritolo della strage di Capaci, il 23 maggio, e in quello di via D’Amelio.

Questa era la via in cui abitava la madre del giudice, da cui si era recato quel giorno per un pranzo domenicale: era considerata “troppo stretta e quindi pericolosa” e proprio per questo, le autorità palermitane, avevano chiesto di vietare il parcheggio nella zona antistante la casa. Richiesta mai accolta.
Strage evitabile? Borsellino si definì “un morto che cammina”.
Forse i nostri governi erano troppo impegnati ad assistere alle, sospette, dimissioni di Andreotti, a cui seguì il primo governo Amato.

Cosa rimane a noi giovani di tutto questo? Commemorazioni.
Siamo continuamente bombardati dagli eventi più tragici della cronaca nera, dati Istat che ci informano circa il nostro precario futuro e attentati terroristici in ogni dove, ma mai una parola su Nino Di Matteo, il magistrato che sta seguendo la Trattativa Stato-Mafia, costretto a vivere sotto scorta a causa delle minacce di Totò Riina. Però delle condizioni di salute del boss Provenzano ne eravamo tutti perfettamente a conoscenza.
Sapete cosa si intende per “Agenda Rossa”? Io, e qui faccio “mea culpa”, l’ho scoperto scrivendo questo articolo:

si tratta dell’insieme di carte, oramai andate perse, in possesso del giudice Borsellino, contenenti verità che non verranno mai rivelate.

In un’intervista a Salvatore Borsellino, fratello del giudice, una studentessa chiede se sia il caso di modificare un’offerta formativa che si arresta immancabilmente alla seconda guerra mondiale e non riesce mai a raccontare gli ultimi 50 anni di questo Paese. Salvatore scorge nei ragazzi “voglia di sapere, conoscere, capire” e attribuisce gran parte della colpa non al giovane disinformato, quanto all’adulto che ha voluto dimenticare. “I giovani, la mia speranza” conclude Salvatore.

Anche Borsellino ci riconosceva un ruolo cardine: “Se la gioventù negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. E qui torniamo alla strategia culturale volta ad informare, così da preparare i ragazzi per un consapevole rifiuto alla criminalità organizzata.
Lo scrittore Massimiliano Comparin ha visto spirare “il vento del cambiamento e sempre più insegnanti stabilire un patto civile con i ragazzi”; quello che lui stesso ha definito un andare “oltre il dovere scolastico”.

Speriamo che i tanti progetti, come “la Nave della Legalità”, il movimento “Agenda Rossa” o l’associazione “19 luglio 1992”, in cui vengono coinvolti molti studenti annualmente, preparino in tal senso le nuove generazioni, affinché “le loro idee continuino a camminare sulle nostre gambe”.

Di Irene Tinero

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