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Turchia: istruzione e dittatura

Turchia: istruzione e dittatura

Venerdì 15 luglio ha preso vita nella capitale turca di Ankara, un colpo di stato che rimarrà nella storia: stupisce l'efficienza con cui continuano a

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Venerdì 15 luglio ha preso vita nella capitale turca di Ankara, un colpo di stato che rimarrà nella storia: stupisce l’efficienza con cui continuano ad essere allontanati gli oppositori del Presidente Erdogan.

Di Irene Tinero

In quattro giorni sono stati arrestati 9.322 militari, 1.500 alti funzionari della Magistratura, senza considerare tutti gli agenti di polizia e servizi segreti. Inoltre, a migliaia di lavoratori statali è stato imposto il divieto di espatrio.

Ora si alza il pugno duro anche contro il mondo dell’istruzione, su scuole e università:

sospesi 15.200 insegnanti pubblici, sottratte 21 mila licenze a docenti delle scuole private, molte delle quali sono accusate di essere vicine alla rete del predicatore Gulen, ed infine sono state richieste le dimissioni di 1.500 decani, i professori più anziani delle università.

La Presidenza Turca per gli Affari Religiosi (Diyanet) informa il mondo di aver allontanato 492 membri, tra imam e docenti di religione. Ha inoltre espresso il proprio rifiuto a celebrare funerali islamici per i golpisti uccisi.

Colpito duramente anche il mondo dei media:

370 dipendenti della televisione pubblica Trt, occupata durante il colpo di stato, sono stati messi sotto inchiesta. L’Alto Consiglio per radio e tv ha ritirato 24 licenze, ai danni di emittenti affini al pensiero di Gulen.

Il rapporto tra Erdogan, i mass media e i principali social ha subito una strabiliante evoluzione durante questo golpe: nel marzo 2014 fu emanata una prima “legge del bavaglio” che impose delle limitazioni ai social. Successivamente, il 6 aprile 2015, Twitter e YouTube sono stati chiusi per aver mostrato delle foto di un ostaggio poi ucciso.
Sebbene i social più importanti abbiano sempre smentito un totale oscuramento, è noto che in Turchia si è cercato più volte di limitare la libertà di espressione attraverso questi potenti mezzi.

Deve essersi accorto del loro potere, perché proprio il Presidente venerdì sera ha utilizzato Face Time per tranquillizzare i suoi e lo stesso si dica per il sindaco di Ankara, che ha preferito però Twitter.

La giustificazione a tutto questo? “Tutte le persone coinvolte in attività terroristiche dovrebbero essere totalmente escluse da tutte le sfere”. Insomma il terrorismo è divenuta un’ottima scusante per tutto. (Boschi docet?).

Ma chi è Fethullah Gulen? Trattasi di un predicatore e politologo turco di 75 anni, leader del movimento “Hizmet” (il Servizio).
Gulen si è opposto al laicismo in politica, ma ritiene possibile il binomio Islam e democrazia; è a favore dell’ingresso del suo Paese nell’UE; le idee in merito alla donna sono considerate “progressiste”, ma solo in riferimento al suo contesto. “La superiorità maschile paragonata alle donne non può essere negata”, urla infatti ai quattro venti. Infine è contro il terrorismo perché viola i principi cardine della religione islamica. È stato la prima figura religiosa al mondo a condannare i fatti dell’11 settembre 2001: “Un musulmano non può essere un terrorista, ne un terrorista può essere un vero mussulmano”. Della serie “come rimpiazzare le perle della Fallaci”.

Non so a voi, ma a me, eccetto per qualche idea assurdamente retrograda, non sembra il profilo di un “occulto autore di golpe”, come lo considera Erdogan.

Questa vicenda puzza di bruciato, di capro espiatorio e non vedo nessuno dei presupposti per entrare nella mia Europa, che ha già tanta strada da fare per migliorare.

Di Irene Tinero

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