Tempo di lettura: 3 Minuti

Ricerca, si salvi chi può

Ricerca, si salvi chi può

Molti assegnisti di ricerca rischiano di perdere il posto di lavoro. Vediamo perché. “Sostenete la ricerca!”. In TV non si fa che ripeterlo, con tant

“Posti in piedi in aula studio”, altro che in Paradiso!
Neve a Fisciano : l’università di Salerno va in tilt
Voto di laurea sbagliato? Succede a Ferrara!

Molti assegnisti di ricerca rischiano di perdere il posto di lavoro. Vediamo perché.

“Sostenete la ricerca!”. In TV non si fa che ripeterlo, con tanto di spillette, sciarpe e SMS. Ma la domanda è: l’Italia la vuole veramente sostenere questa ricerca? A giudicare dai numeri sembrerebbe proprio di no.

La VII indagine dell’ADI, Associazione Dottori Italiani, ha infatti evidenziato che al momento solo il 9,2% dei ricercatori ha la possibilità di ottenere l’agognato contratto a tempo indeterminato. In altre parole soltanto 1 di loro su 10 mediamente va avanti, gli altri se ne tornano a casa.

Insomma, Smetto Quando Voglio non è solamente un film, purtroppo rappresenta l’amara realtà dei ricercatori italiani. Alla base di questa situazione a dir poco critica ci sono vari fattori, tutti profondamente diversi ma ugualmente determinanti. Vediamo i più importanti:

  • Compressione Selettiva. Al momento sono 10 le Università che mantengono il monopolio sui bandi con un evidente sproporzione tra Nord e Sud. Quasi la metà dei posti (49%), infatti, sono offerti dagli Atenei del settentrione, solamente il 21% da quelli meridionali.
  • Tasse. E’ in aumento il numero delle Università che decidono di tassare i dottorandi. Da un totale di 19 Atenei nel 2016 si è passati addirittura a 21. Di queste 12 non prevedono neanche la divisione in fasce sulla base del reddito annuo. L’importo medio? Circa 600 euro all’anno.
  • Mancanza di docenti. Questo è forse il dato più preoccupante. Sono infatti oltre 900 i professori in meno rispetto a qualche anno fa. L’area più colpite da questa epidemia di professori è quella medica.

A peggiorare ulteriormente la situazione ci si mette anche una rappresentanza sindacale praticamente assente per quanto riguarda i ricercatori. Solo l’8% di loro, infatti, ha voce in capitolo nei senati accademici mentre nel 70% dei casi non hanno nessun rappresentante nei CdA.

A questo punto occorre un intervento urgente, almeno per mettere una pezza. Chissà che le proposte di Capano, Regini e Turri di cui vi abbiamo già parlato potranno aiutare anche la ricerca. Intanto invitiamo i ricercatori di tutta Italia a tenere duro e ad essere ottimisti, in fondo alle brutte possono sempre mettersi a produrre smart drugs, no?!

#FacceCaso

Di Gabriele Scaglione

COMMENTS

WORDPRESS: 0
DISQUS: 0