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Gli studenti si prostituiscono per farsi passare compiti e lezioni

Gli studenti si prostituiscono per farsi passare compiti e lezioni

La cosa ancora più triste è scoprire il motivo per cui i ragazzi si prostituiscono in questo modo. Non sempre si tratta di denaro, chi vende il propri

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La cosa ancora più triste è scoprire il motivo per cui i ragazzi si prostituiscono in questo modo. Non sempre si tratta di denaro, chi vende il proprio corpo lo fa soprattutto per farsi passare compiti e lezioni. #FacceCaso.

Proprio adesso che Netflix ha fatto uscire la serie sulle “baby squillo”, un’altra notizia shock arriva dal mondo della scuola. Quasi uno studente su dieci è a conoscenza di compagni e compagne che si prostituiscono per ottenere in cambio favori tra i banchi.

“Il contesto culturale in cui gli adolescenti sono immersi, fatto di immagini iper-sessualizzate postate sui social alla ricerca dei like, unito a un crescente consumo di contenuti pornografici, resi oggi più accessibili dalla rete sta contribuendo a una netta separazione tra la dimensione affettiva e quella sessuale. Diventa, così, quasi normale e accettabile disporre del proprio corpo, persino a scopi commerciali o utilitaristici. A peggiorare le cose c’è anche il fatto che l’educazione sessuale è ancora un tabù, sia in famiglia che a scuola. Determinante, di conseguenza, è il ruolo (negativo) della Rete visto che, in assenza di altri punti di riferimento, per 2 ragazzi su 3 è proprio internet la fonte principale d’informazione.” Ha dichiaro Daniele Grassucci, il direttore di skuola.net.

1 studente su 4 ha approfittato almeno una volta delle baby squillo a scuola. La cosa ancora più triste è scoprire il motivo per cui i ragazzi si prostituiscono in questo modo. Non sempre si tratta di denaro, chi vende il proprio corpo lo fa soprattutto per farsi passare compiti e lezioni. Una studentessa su tre lo fa in cambio di ripetizioni private. Il passaggio di soldi, invece, avviene nel 19% dei casi. Al terzo posto, una ricarica telefonica. 

Dove andremo a finire? 

#FacceCaso. 

Di Francesca Romana Veriani 

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