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Referendum, il no dei giovany e il sì dei vekky: ma è davvero scontro generazionale?

Referendum, il no dei giovany e il sì dei vekky: ma è davvero scontro generazionale?

Per alcuni, i dati sul voto dopo il recente referendum Costituzionale parlano di uno scontro generazionale giovany-vekky. Ma è sul serio così? In Ita

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Per alcuni, i dati sul voto dopo il recente referendum Costituzionale parlano di uno scontro generazionale giovany-vekky. Ma è sul serio così?

In Italia dalla prossima legislatura ci saranno 345 parlamentari in meno. Lo avevano deciso le due Camere del Parlamento stesso, dopo 4 approvazioni, e il popolo sovrano lo ha confermato definitivamente. Il risultato del referendum Costituzionale del 20-21 settembre è lampante. Il 70% circa dei votanti ha detto sì alla riforma. Ma dietro i numeri di questa scelta si potrebbe nascondere altro. Nel risultato evidente della votazione, si può leggere, secondo alcuni analisti, un messaggio nascosto che parla di una sorta di scontro generazionale.

Secondo i rilevamenti fatti dall’istituto di sondaggi IXè, tra i contrari alla riforma c’è una netta prevalenza di giovany. Quasi un under 35 su due, tra quelli che sono andati a votare, ha detto no. Invece tra i più vekky, i boomer, i matusa, insomma, tra quelli dai quaranta in sù il sì ha raggiunto picchi vicini all’80%.

Su questa fotografia numerica si basa una particolare interpretazione dei dati per la quale ci sarebbe un scarsa presa dell’anti politica sulle nuove generazioni. Riassumendo in breve, il forte valore propagandistico “contro la casta” fatto assumere da una certa parte politica al quesito referendario non avrebbe convinto i ventenni. Anzi, al contrario, questi avrebbero dimostrato molto più attaccamento dei loro genitori e nonni alla Costituzione e alle istituzioni, tentando di difenderle col loro voto contrario. Ma è realmente così?

I numeri

Intanto, di sicuro, i numero dicono anche un’altra cosa: il 46,2% degli aventi diritto, di qualsiasi età, non ha partecipato. Il ché in realtà è un trend che in Italia va avanti, purtroppo, da diverso tempo. Ma visto che si parlava della Costituzione sarebbe stata auspicabile una partecipazione più corposa. Nel 2016, infatti, al precedente referendum Costituzionale, l’affluenza fu del 65,47%.

Vero è che non c’era una pandemia quattro anni fa. Prendiamo perciò come valida giustificazione, questa volta, le difficoltà create dal Covid e accettiamo il calo come fisiologico. Inoltre, in quella scorsa occasione, la valenza ideologica fu realmente un fattore influente e trasversale. Tanto che il risultato portò il governo di allora a dimettersi. In questo caso, invece, ridurre tutto a una questione pro o contro una certa visione politica, per di più solo sulla base di un fattore prettamente anagrafico, sembra una forzatura per diversi aspetti.

Se realmente i giovany fossero così compattamente schierati contro l’anti politica, come si giustifica il fatto che proprio tra di essi ci siano i dati di astensione più alti? Sia nel range tra i 18 e i 24 anni, sia in quello tra i 25 e i 34, sempre secondo il medesimo sondaggio IXè, oltre il 49% non si è recato al seggio. Non è forse il più anti politico di tutti i gesti quello di disertare le urne? Possibile che abbiano tutti la scusante del Coronavirus? E comunque, tra quelli che invece hanno votato, il gruppo “dei più piccoli” è sostanzialmente spaccato in due, metà per il sì e metà per il no. Mentre solo un terzo di quelli un po’ più grandi ha optato per il no. In linea, quindi, con quanto fatto dagli ultra quarantenni. A conti fatti, la massiva difesa a spada tratta della Costituzione non sembra affatto esserci stata.

Il paradosso

In ogni caso, a prescindere dai numeri, dove sta scritto che aver votato no significa per forza essere contro l’anti politica? Per esempio, tra le tesi portate avanti da chi era contrario alla riforma c’era anche quella del “dare una spallata alla maggioranza di governo“. Quindi, secondo questa lettura del voto, caricare di un significato prettamente politico un referendum sull’articolazione e, di conseguenza, sul funzionamento delle istituzioni sarebbe una scelta più conservativa e ragionata e meno “di pancia“? Eppure, in teoria, quando si parla di Costituzione la scelta dovrebbe essere scevra da condizionamenti politico-ideologici. Perché le conseguenze influenzano sul lungo periodo tutte le forze in campo, non solo quella per cui si parteggia.

E poi, se non è anti politico dire no a una legge approvata, nell’ultimo passaggio alla Camera dei Deputati, praticamente all’unanimità, cos’altro lo potrebbe essere? Solo in 14 si sono opposti. E gli schieramenti favorevoli andavano trasversalmente da destra a sinistra. Votando no al referendum, allora, si è manifestata, di fatto, la propria contrarietà all’espressione di tutte le forze politiche.

Dunque, se fosse veritiera questa visione, i giovany che hanno votato no avrebbero combattuto l’anti politica sostenuta dai vekky con altra anti politica, di senso opposto. Un autentico paradosso.

#FacceCaso

Di Tommaso Fefé

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