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Didattica a distanza per bocciarci in presenza, il liceo Manzoni di Milano in sciopero

Didattica a distanza per bocciarci in presenza, il liceo Manzoni di Milano in sciopero

Gli studenti del liceo di Milano hanno manifestato contro i docenti che avrebbero programmato troppe interrogazioni al ritorno dalla Didattica a dista

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Gli studenti del liceo di Milano hanno manifestato contro i docenti che avrebbero programmato troppe interrogazioni al ritorno dalla Didattica a distanza

Didattica a distanza per bocciarci in presenza” è lo slogan che campeggia sugli striscioni realizzati dagli studenti del Liceo Classico Manzoni di Milano.

I ragazzi del prestigioso istituto milanese sono rientrati, come ormai quasi tutti gli studenti italiani, a scuola dopo un anno di didattica a distanza alternata a brevissimi periodi in aula. Il primo giorno però hanno deciso di non entrare in classe, ma di organizzare una protesta nel cortile della scuola. Dopo la Dad i ragazzi hanno trovato ad attenderli una raffica di compiti in classe e interrogazioni. Hanno quindi deciso di riunirsi per decidere su come arrivare ad un compromesso con i professori e che attività svolgere in classe durante questo ultimo mese di Scuola.

Il loro slogan è “Non siamo sfaticati, siamo affaticati!

Per il Collettivo Politico Manzoni, promotore dell’iniziativa, le ore di lezione in classe dovrebbero servire per socializzare e consolidare le conoscenze degli argomenti affrontati a distanza. Gli studenti si auguravano di poter vivere momenti di socializzazione e confronto diretto dopo mesi passati a vedersi solo dietro lo schermo di un Pc. Gli organizzatori della protesta non si vogliono arrendere ad una scuola utile solo a mettere voti, rimandare e bocciare e si battono per ottenere un ultimo mese di scuola all’insegna della voglia di stare insieme e del dibattito intellettuale.

Il Manzoni è un esempio a Milano e in Italia per attività di questo tipo. Solo quattro mesi fa, il 12 gennaio, era stata la prima scuola a essere occupata da Giovany che chiedevano a gran voce di poter tornare a scuola in presenza.

Ora che finalmente sono potuti tornare a vivere in sicurezza gli ambienti scolastici siamo però arrivati a maggio. Come tutti sappiamo questo è il mese in cui i professori hanno bisogno di voti e si prodigano per fissare compiti in classe e interrogazioni al fine di chiudere anche le valutazioni più incerte. Molti insegnanti dicono di aver deciso di aspettare il momento di verifica delle conoscenze in presenza in modo da evitare che i più furbi potessero approfittare della didattica a distanza dove è molto più semplice copiare, dare una sbirciatina al libro o cercare su internet le informazioni mancanti. Ecco perché al ritorno gli studenti hanno trovato ad attenderli un fittissimo calendario di interrogazioni e verifiche, fissate una dopo l’altra in ognuno dei giorni della settimana.

Durante le giornate di protesta, oltre a discutere delle prossime attività da svolgere in classe, avranno luogo laboratori e confronti su temi di attualità, dalla famiglia all’eutanasia, passando per la discussione sul “politically correct”.

Le opinioni sul tema si dividono. C’è chi pensa che la decisone dei professori di rimandare i momenti di valutazione in presenza sia legittima e dettata dalla situazione emergenziale in cui ci troviamo. Altri, invece, appoggiano con forza la scelta dei ragazzi di protestare per ottenere un ultimo mese di scuola all’insegna del confronto e della socializzazione dopo i difficili mesi passati in casa da soli.

#FacceCaso

Di Beatrice Offidani

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