Tempo di lettura: 3 Minuti

Lo sguardo nascosto di Vivian Maier

Lo sguardo nascosto di Vivian Maier

Il talento segreto di Vivian Maier è stato scoperto solo dopo la sua morte e oggi regala al mondo una storia straordinaria. Di Valeria Santarelli &nbs



Fedeli al G7 Università: bisogna investire di più
Natura Madre, il nuovo maxi singolo di Raze è accompagnato da una mostra esclusiva
Scoperte curiose sotto i muri dell’Università di Perugia

Il talento segreto di Vivian Maier è stato scoperto solo dopo la sua morte e oggi regala al mondo una storia straordinaria.

Di Valeria Santarelli

 

“Innanzitutto definiamo cosa non è una fotografia. Una fotografia non è un dipinto, una poesia, una sinfonia, una danza. Non è solo una bella immagine, non un virtuosismo tecnico e nemmeno una semplice stampa di qualità. È o dovrebbe essere un documento significativo, una pungente dichiarazione, che può essere descritto con un termine molto semplice: selettività. La fotografia non potrà mai crescere fino a quando imiterà le altre arti visive. Deve camminare da sola, deve essere se stessa.” Le parole della fotografa Berenice Abbott riecheggiano ancora tra i talenti dell’ arte fotografica, e la “sconosciuta” Vivian Maier sembra essere il chiaro ritratto della melodia di queste parole. È una donna che si guadagna da vivere lavorando come bambinaia e poi si ritaglia del tempo libero per camminare da sola, per essere se stessa. È se stessa in tutti i suoi scatti, in tutte le sue accurate osservazioni, in tutti i suoi sguardi silenziosi prima di rubare al mondo uno squarcio dei quel quotidiano urbano. Dalle strade di New York a quelle Chicago, la Maier passa inosservata ma sempre osservatrice. Con il suo sguardo artistico si lascia sedurre dal mondo che la circonda e cattura attimi colmi di emozioni sui volti dei passanti, e istanti di staticità tra gli oggetti e gli scorci di strada deserti che la circondano. Nata nel Bronx nel 1926 ma di origine franco-austriaca, Vivian Maier cresce in Francia per poi rientrare a New York nel 1951 e trova lavoro a servizio di una famiglia come bambinaia. Non ha marito nè figli e sceglie di allevare bambini di altri, incurante del giudizio altrui.

È una donna moderna come altrettanto complessa, dalla personalità schiva che non lascia trapelare nulla di sé, eccetto nei suoi scatti. Solo lì la Maier si svela pian piano, scatto dopo scatto, attimo dopo attimo. Ma mai del tutto. Perchè lei fotografa per se stessa. Non per il mondo, non per notorietà e nemmeno per un mero scambio commerciale, fondamentale per ogni attività artistica. Cede inconsapevole al suo istinto osservatore, al suo talento, e si abbandona a un mondo da cogliere attraverso l’obbiettivo. Nessuno comprendeva davvero a pieno la sua passione irrefrenabile per le inquadrature, per gli obbiettivi, per le pellicole. Nessuno aveva mai scoperto questa sua dote nascosta. Solo nel 2007 il suo scopritore John Maloof, impegnato nella ricerca di foto d’epoca per il suo libro su Chicago, si recò in una casa d’aste a caccia di scatti inediti. Comprò una scatola piena di negativi per 380 dollari e si ritrovò tra le mani il talento fotografico della “sconosciuta” Vivian Maier. E da qui si iniziò a scoprire una storia tanto insolita quanto stupefacente, quasi da non sembrare vera.

La Maier lascia al mondo oltre centomila negativi che vengono scoperti solo dopo la sua morte. Tutto quello che conquistava lo sguardo attento di Vivian Maier veniva catturato dalla sua Rolleiflex 6×6, una macchina biottica medioformato facilmente trasportabile da un luogo a un altro. I suoi scatti sono selettivi, decisi, come la sua personalità. Tinti da un colore bianco e nero come la sua identità misteriosa, poco conosciuta, che voleva fotografare per conoscere il mondo e per conoscersi. La sua è una vita difesa, quasi taciuta che non forniva nessuno squarcio della sua privacy. Uno spirito libero, una donna paradossalmente eccentrica e allo stesso tempo criptica che nascondeva un’anima orgogliosa e nobile. Riservata fino all’estremo era Vivian Maier, che con il suo obbiettivo nel momento in cui si trovava davanti a riflessi di vetrine e specchi fotografava se stessa in un’ espressione statica, quasi inespressiva che non muta mai. Perchè le sue emozioni, le sue espressioni, la Maier le voleva mostrare attraverso le sue fotografie, dove ogni singolo scatto rappresentava quel legame segreto tra lei e il mondo.

Molti critici hanno notato che lo sguardo minuzioso di Vivian Maier sembra più interessato al processo di realizzazione della fotografia che al prodotto finito. Come se la semplice focalizzazione dell’attimo poco prima dello scatto sia già una gratificazione, una pienezza trasmessa attraverso le emozioni con il mondo esterno. La Maier si sentiva già appagata durante la visione dell’istante, del futuro scatto, più che dal prodotto finale dello scatto. La realizzazione della fotografia era già fissata nella sua mente, doveva solo catturarla con una “messa a fuoco”. La Maier è oggi definita una grande interprete della “fotografia di strada”, per la sua straordinaria dedizione nel ritrarre le strade americane negli anni Cinquanta, e per i suoi scatti che ritraggono americani immersi nel quotidiano, che passeggiano per le lunghe vie di New York e Chicago. Attimi, movimenti, emozioni, staticità, tutto catturato da uno sguardo nascosto e segreto che vuole scoprire il mondo ma che allo stesso tempo si nasconde rifugiandosi in esso.

Il critico d’arte del New York Times Robert Smith ha definito Vivian Maier come “la nuova rappresentante della street photography del XX secolo.” E con questa definizione si aprono nuove esposizioni e altre attività che mostrano gli elementi chiave della sua poetica visiva e artistica. Viene così ospitata l’esposizione della fotografa Vivian Maier a Milano, la città italiana divenuta luogo di mostre per ricordare l’attività artistica della Maier. Qui la Fondazione Forma dedica 120 stampe in bianco e nero, realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta, seguite da alcune stampe a colori scattate negli anni Settanta. La mostra prende il nome di “Vivian Maier: una fotografa ritrovata.” E in molti si chiedono se la segretezza della Maier non le avesse tolto il piacere almeno una volta di sentirsi chiamare con il nome di fotografa. Ma in fondo a un talento poetico come quello di Vivian Maier, che ha scelto di vivere lontano dalla notorietà, non serve, perchè lei era già consapevole di esserlo e questo trapela dalla sua espressione immobile, ferma che caratterizza i suoi auto-ritratti segreti, nascosti al mondo. Per questo è opportuno dire che la bellezza della fotografia non nasce dalle cose ma dallo sguardo attento sulle cose. E lo sguardo osservatore della Maier ha restituito oggi al mondo un quotidiano delle strade americane conosciuto storicamente, certo, ma forse non ancora guardato con occhio artistico e sensibile, in grado di valorizzare istanti quasi nascosti agli occhi del mondo ma visibili e trasparenti solo attraverso un talento artistico come quello di Vivian Maier.

Di Valeria Santarelli

COMMENTS

WORDPRESS: 0
DISQUS: 0