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Tutti i numeri del Vietnam. Senza scuola, senza futuro

Tutti i numeri del Vietnam. Senza scuola, senza futuro

Banchi vuoti e disoccupazione: la realtà dei ragazzi vietnamiti è sconvolgente. Di Giulia Pezzullo In Vietnam hanno i numeri. Sì, numeri spaventosi ch

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Banchi vuoti e disoccupazione: la realtà dei ragazzi vietnamiti è sconvolgente.

Di Giulia Pezzullo

In Vietnam hanno i numeri. Sì, numeri spaventosi che riguardano il mondo dell’istruzione. Il Vietnam fa parte di quei Paesi che devono fare spesso affidamento sulla bontà e sull’umanità di associazioni mondiali e private per poter ambire ad una vita migliore; la speranza alberga nelle donazioni della parte di mondo a Occidente, negli aiuti umanitari e nell’attività di volontariato di moltissime persone.

Negli anni, nelle città più importanti, si sono costruiti ospedali, centri di accoglienza, scuole e università per permettere alla popolazione vietnamita di ricevere assistenza sanitaria e psicologica e un’adeguata istruzione. L’obiettivo minimo è quello di promuovere le attività scolastiche elementari rivolgendosi non solo ai bambini, ma anche agli adulti. La triste verità, tuttavia, è che il 70% della popolazione con età inferiore ai 15 anni (circa 25 milioni di ragazzi) vive in zone rurali in cui il lavoro nei campi è l’unica via di fuga dalla povertà e dalla fame; infatti, almeno il 50% di queste persone, ottenuta nel migliore dei casi la licenza elementare, non ha poi modo di accedere alla scuola superiore. Il dato più sconcertante, dal rapporto del Governo di Hanoi del 2015 su istruzione e lavoro, è quello che sottolinea che più del 10% della popolazione giovane non finisce le scuole elementari. Non accade di rado che lungo le strade e nei vicoletti del Vietnam alcuni bambini o ragazzi chiedano l’elemosina o cerchino di vendere biglietti della lotteria o fazzoletti, molto probabilmente per aiutare la propria famiglia a mettere la cena in tavola. In campo lavorativo il problema si ripropone: più della metà delle persone tra i 15 e i 24 anni non ha un’occupazione stabile specialmente nelle zone urbane dove non è possibile lavorare nei campi. La preoccupazione maggiore risiede nella probabilità che le percentuali crescano ogni anno di più, portando i ragazzi a vivere una vita di stenti e di attività illegali legate alla droga, al traffico di sesso e a quello di minori.

Nella stragrande maggioranza dei casi, non è lo Stato del Vietnam a preoccuparsi delle sorti dei più giovani bensì sono le associazioni che lavorano da anni in questo Paese a difendere il loro diritto a istruzione, occupazione e dignità. Non mancano le proteste per evitare le chiusure di scuole, le campagne per favorire la frequenza dei corsi e le missioni umanitarie per la salvaguardia delle differenze di età al fine di scongiurare una crescita troppo veloce e traumatica dei più piccoli. Da alcuni anni, inoltre, è stata richiesta una riforma delle istituzioni scolastiche; i combattenti di questa battaglia sono in primo luogo la Chiesa cattolica e numerosi imprenditori che grazie alla legge del 1987 possono fondare istituti tramite donazioni di fondazioni private. A questo aspetto si lega anche quello dell’accessibilità territoriale alle scuole stesse: moltissimi bambini sono costretti ad attraversare fiumi a nuoto per raggiungere le aule e seguire le lezioni, pozze d’acqua profonde e pericolose in cui devono rimanere a galla per decine di metri. Mancano i mezzi per costruire ponti, per mettere in sicurezza le strade, per creare percorsi pedonali e anche solo per pensare di poter istituire una rete di trasporti urbani per i ragazzi.

I fattori che influenzano la non frequenza della scuola sono molteplici e di nature diverse, toccano tasti dolenti e fanno pensare che la tutela di chi non ha colpe dovrebbe essere cosa garantita e naturale. Il lavoro dei volontari a volte non è abbastanza ed è per questo che l’impegno solidale dovrebbe correre di pari passo con la realizzazione di un governo migliore che presti attenzione alla vita delle generazioni future.

Di Giulia Pezzullo

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