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Scuola e detenuti: dentro e fuori

Un progetto di reintegrazione nel mondo tramite l'istruzione e la relazione con gli studenti. Di Giulia Pezzullo Giovanni Iacomini, professore di Diri

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Un progetto di reintegrazione nel mondo tramite l’istruzione e la relazione con gli studenti.

Di Giulia Pezzullo

Giovanni Iacomini, professore di Diritto ed Economia nel carcere di Rebibbia, sventola orgoglioso la bandiera del suo progetto che mette in relazione carcere e società attraverso l’istruzione: “Libertà e sapere”. Da oltre dieci anni, questo docente tiene attivi una serie di corsi scolastici e conferenze con personaggi di spicco del mondo della cultura e delle istituzioni per dare ai reclusi una possibilità di conoscere il mondo prima di essere scarcerati. Inoltre, i programmi prevedono anche la visita dei detenuti ai ragazzi della scuola esterna (sede di San Basilio, legata al progetto in questione) in modo da relazionarli con la voce diretta degli studenti.

L’idea è quella di riunirsi nell’aula magna di questo istituto e rispondere alle domande dei ragazzi rivolte ai detenuti; i curatori di “Libertà e sapere” sono convinti che sarà difficile interagire con la realtà disagiata della scuola di San Basilio ma che, conoscendo la buona volontà dei detenuti, si potrà ugualmente trovare un punto d’incontro. I reclusi che per limitazioni di legge penitenziaria non potranno partecipare all’uscita programmata gireranno un video per mandare ai ragazzi i loro messaggi di incoraggiamento alla vita e scoraggiamento alla criminalità; non solo, anche la band musicale “Doppia mandata”, formata da detenuti, guardie, un professore e una suora, si unirà alle riprese suonando qualche brano del loro repertorio.

Iacomini pone poi l’accento su un nuovo progetto mirato agli under 40 della Terza Casa di Rebibbia, settore a custodia attenuata per persone con trascorsi di tossicodipendenza, dove è stata recentemente aperta una sezione dell’istituto carcerario “J. von Neumann”. I risultati di tutti questi progetti, a detta del professore, sono ottimi e, per quanto riguarda la relazione studenti-detenuti, il feedback è estremamente positivo in quanto esorta i ragazzi a stare lontani dai guai con la legge. D’altro canto, non esiste solo una faccia della medaglia: nelle carceri, non sempre gli spazi dedicati alle attività didattiche sono adatti e le classi cambiano molto di frequente a causa di rilasci, processi, malattie o morte.

Gli stessi carcerati non sono propensi a sedersi sui banchi di scuola a fronte della possibilità di avere un lavoro che potrebbero portare fuori dalle sbarre come sostentamento alla vita. Meglio pochi ma buoni? Probabilmente sì e confidiamo nel fatto che gli studenti messi a contatto col mondo carcerario si scoraggino dal finire nei guai.

Di Giulia Pezzullo

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