Tempo di lettura: 2 Minuti

Il viaggio della speranza di un “piccolo schiavo”

A Caserta, ancorato all'asse di un tir, è stato trovato un giovane 15enne afgano, in fuga dal suo paese, dalla guerra, in una disperata corsa verso la

404 Error: Page Not Found
Chéque-psy, l’iniziativa francese per aiutare psicologicamente i giovani
Cristallina è il nuovo singolo di Shottino, fuori oggi per Honiro Rookies

A Caserta, ancorato all’asse di un tir, è stato trovato un giovane 15enne afgano, in fuga dal suo paese, dalla guerra, in una disperata corsa verso la vita.

All’altezza di Napoli nord, mercoledì pomeriggio, una pattuglia stradale in servizio sulla A1, ferma un tir spagnolo proveniente dalla Grecia e diretto a Civitavecchia: dal semirimorchio pendono dei vestiti e l’agente si insospettisce.

Hanno trovato così questo giovane, temerario 15enne afgano: il conducente, uno spagnolo, dice di non essersi mai accorto di nulla.

Il ragazzo ha percorso in queste condizioni ben 400 km, senza considerare le mille difficoltà che avrà sicuramente dovuto affrontare prima di arrivare al fatidico incontro con il mezzo: immaginate, in una Grecia affollata di turisti, molti dei quali avranno condiviso la stessa nave con questo giovane, mentre gli altri pensano spensierati alle loro vacanze, lui ha notato il tir da lontano e in un attimo ha escogitato questo folle e disperato piano.

I poliziotti lo hanno ritrovato completamente disidratato, affamato, chiaramente in stato di choc e del tutto pieno di fuliggine: è inconcepibile, per qualsiasi mente, lo sforzo fisico costante a cui si è sottoposto questo ragazzo, ancorato al tir con un semplice corda.
Gli è stato offerto qualcosa da bere e mangiare, poi è stato portato in un ospedale ed ora è ospite in una casa di accoglienza della zona.

Quanto devi essere disperato per compiere razionalmente un gesto simile? Quanto devi amare la vita se pur di viverla ti aggrappi ad un tir?
L’Afghanistan è dilaniato dalla guerra, che vede contrapposti i talebani ai loro oppositori, sin dal 2001: senza considerare la guerra civile che, tra alti e bassi, attanaglia il Paese dal 1978.
In parole povere, questo ragazzo non ha vissuto un giorno di pace in tutta la sua vita.

Stando ad un resoconto del 2015 di Save the Children, solo in Italia, tra gennaio e agosto 2015, hanno viaggiato in questo stato 7.357 bambini e adolescenti. Nel primo semestre del 2016, dal mare, sono arrivati nel nostro Paese 10.524 minori.
Sono oltre 1 milione i giovanissimi coinvolti in questo inferno di speranza e sfruttamento.

Molti provengono da Romania, Nigeria, Marocco, Ghana, Senegal e Albania. L’Afghanistan si colloca quindi in maniera marginale in questo contesto: ma tutti, al di là delle nazionalità, vengono sfruttati, lavorativamente e sessualmente. I minori afgani, insieme a quelli eritrei, sono in particolare vittime di abusi.

Su questi bambini e adolescenti, definiti “Piccoli Schiavi Invisibili”, si fa leva sulla loro inconsapevolezza e la speranza di una vita migliore: dall’altro lato, questo gioco diabolico, rappresenta, almeno in Italia, la terza fonte di introiti milionari per le organizzazioni criminali.

Sicuramente qualcuno guarderà questo ragazzo con diffidenza, come ad un possibile affiliato al terrorismo internazionale: quale vantaggio trarrebbero organizzazioni simili nell’esporre un loro terrorista a tanti pericoli? L’importante è che l’obbiettivo finale vada in porto, quindi non rischierebbero mai così tanto.
Al contrario, questa storia non ha nulla a che fare con la morte e l’odio della guerra: subisce le conseguenze di questo stato di cose, ma urla vita, speranza, futuro.

Di Irene Tinero

 

COMMENTS

WORDPRESS: 0
DISQUS: 0