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Baris Yazgi: la melodia spezzata di una giovane vita naufragata in fondo al mare

Baris Yazgi: la melodia spezzata di una giovane vita naufragata in fondo al mare

Molti lo chiamano la “tratta degli schiavi”, quel drammatico flusso migratorio che dalla Turchia, Siria, Egitto, cerca di raggiungere l’Italia, e poi

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Molti lo chiamano la “tratta degli schiavi”, quel drammatico flusso migratorio che dalla Turchia, Siria, Egitto, cerca di raggiungere l’Italia, e poi il nord Europa, nella speranza di trovare una vita migliore rispetto a quella che viene negata dai paesi da cui si scappa. Sarebbe meglio chiamarlo “fuga dalla morte certa verso una morte incerta”.

Stavolta parliamo di Baris Yazgi. La sua, non è una storia felice.

Nei giorni in cui le Ong vengono messe sotto accusa dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che sostiene non essere tutte formate da filantropi ma, tutt’altro, spesso mosse da fini economici, pagate dagli scafisti e da altri finanziatori occulti, non facendo altro che alimentare la carneficina dei migranti morti in mare, la triste storia di uno di loro ci obbliga a fermarci e riflettere.

Si chiamava Baris Yazgi, appunto. Era un ragazzo curdo di ventidue anni, proprio come noi, originario di una provincia della Turchia. Baris amava la musica e per questo aveva in sogno di raggiungere il Belgio per iscriversi ad una scuola di musica e diventare un violinista professionista.

Il 23 aprile scorso Baris si era imbarcato, insieme ad altri profughi, di segreto ai genitori, su una delle tante “zattere della morte” che quotidianamente partono dalle coste della Turchia per raggiungere l’Italia e far proseguire poi il viaggio verso il nord Europa. Purtroppo Baris non potrà mai arrivare in Belgio perché il suo sogno è naufragato insieme a lui, in fondo al mare, dopo che il barcone con il quale era salpato è affondato nelle acque davanti a Lesbo. Baris è stato trovato, morto, ancora con il suo amato violino in mano, l’unica cosa preziosa che aveva con sé e che non ha voluto lasciare nemmeno quando il barcone si è ribaltato, scegliendo di morirci insieme.

Baris è stato sepolto ad Istanbul perché, unica nota “positiva”, il suo corpo almeno è stato ritrovato ed identificato, cosa non scontata se si pensa che spesso i cadaveri delle molte vittime di questa terribile migrazione vengono ripescati dopo mesi dalla morte, in avanzato stato di decomposizione, irriconoscibili e reclamati da nessuno, diventando solo un numero.

La morte di Baris non rimarrà nel silenzio perché un gruppo di musicisti ha deciso di rendergli omaggio, organizzando un concerto in suo nome, nel quale verranno suonate anche le sue canzoni personali.

Questo è quanto rimarrà di un giovane ragazzo, con la passione per il violino che, disperato dalla repressione che i curdi sono costretti a subire in Turchia, senza nemmeno un soldo in tasca, né un lavoro, ha deciso di giocarsi l’ultima carta a disposizione: partire verso l’Europa per crearsi lui il suo futuro.

Ma questa non è solo la storia di Baris ma quella di migliaia di persone che ogni giorno decidono di imbarcarsi, clandestinamente, perché scappano dalla guerra, dalla fame e dalla povertà di paesi segnati dal terrorismo e dalla repressione, scegliendo tra la morte e la probabile morte.
Comunque la si pensi, noi a tutto questo non possiamo rimanere inermi.

Di Lorenzo Maria Lucarelli

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