Si chiama Emoji il film di animazione della Sony. Ricordando un po’ Inside Out, racconta le emoticons come cartoni, ma se n’è parlato malissimo. Per
Si chiama Emoji il film di animazione della Sony. Ricordando un po’ Inside Out, racconta le emoticons come cartoni, ma se n’è parlato malissimo.
Per raccontare l’uscita nella giornata di ieri del nuovo cartone Sony “Emoji”, basta questo commento.
“È un insulto, più che un film”, commenta la giornalista Alissia Wilkinson su Vox. Da qui non ci sono le migliori prospettive su un film che sta paradossalmente incassando tantissimo.
Si tratta di un film d’animazione per un pubblico di giovani e giovanissimi, che punta a intrattenere con temi come social network e telefonini.
“Attori” sono delle emoji che vivono in Messaggiopoli, app nel cellulare di Alex. Ognuna ha una sola espressione, che replica quando serve. L’unica eccezione è Gene, capace di assumerne differenti. Tale caratteristica mette però in pericolo la città, e sarà lui stesso a doverla salvare.
La trama finisce qui, e il film diretto da Tony Leondis ha dichiarato che l’ispirazione per la sua “opera” gli venne grazie a Toy Story.
Un’idea interessante quella di parlare del mondo digitale, ma nessuno sa spiegarsi come abbia potuto incassare 180 milioni di dollari, più del triplo del budget di 50 stanziato.
La critica è stata letale, parlando di narrazione esile e l’assenza di trovate visive che possano sorprendere. In più una trama sterile, fattori che hanno bruciato in partenza il progetto innovativo.
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