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Le assunzioni dei docenti universitari funzionano?

Le assunzioni dei docenti universitari funzionano?

I docenti universitari passano da abilitazioni nazionali e concorsi locali. Il sistema funziona o si può fare di meglio? In Italia per l’abilitazione

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I docenti universitari passano da abilitazioni nazionali e concorsi locali. Il sistema funziona o si può fare di meglio?

In Italia per l’abilitazione dei docenti universitari, per la carica di professori ordinari e associati, esiste un sistema a due stadi.
Attraverso l’Asn, Abilitazione scientifica nazionale, i candidati per le cariche negli atenei del paese affrontano, ad oggi, un duplice processo di selezione.

Si parte da una scrematura nazionale, che punterebbe in teoria a far prevalere il merito sulle logiche delle singole università.
In pratica il sistema di abilitazione vede un concorso nazionale da cui dovrebbe emergere il primo blocco dei migliori, i più competenti del settore volti a proseguire il processo di assunzione su questi due titoli.
Al termine infatti della prima fase, si andrebbe al concorso bandito dal singolo ateneo, quello “locale”.

In pratica così si dovrebbe dare già alla ricerca delle università di nuovo corpo docenti gli elementi risultati migliori.
Alcuni esperti metterebbero però in discussione tale sistema in riferimento ad alcuni risultati emersi. Si discute principalmente il merito. Non pare del tutto veritiero che solo i migliori passino la fase successiva e invece i meno meritevoli siano scartati.

Lo si deduce dalla qualità di ricerca scientifica prodotta parallelamente da abilitati e non abilitati.

A conti fatti, la differenza sia numerica che di bontà di produzione risulterebbe così equiparabile senza reali differenze. Questo cosa farebbe dire? Che in verità, in qualità di bravura e competenza, tra scartati e non ci sarebbero meno differenze di quelle che ci vogliono far credere.
Un sistema che quindi non porterebbe risultati sperati, tanto da metterlo in discussione a vantaggio, ad esempio, della scelta localizzata.
È vero, forse il sistema binario non ha prodotto un miglioramento progressivo e di distacco rispetto al resto. C’è da dire però che un concorso nazionale, seppur migliorabile, permette di evitare problemi che sono stati storicamente endemici nell’università italiana.

Un concorso localizzato nell’ateneo, sempre premettendo la buona fede di tutte le università, potrebbe anche comportare rischi di assunzioni poco limpide. Qualche favoritismo, clientelismo o altro, elementi che purtroppo hanno contraddistinto per decenni la PA in Italia.
Senza dubbio invece un primo step nazionale permette di portare tutti sullo stesso piano, escludendo vantaggi personali. Anche questi semplici motivi mi fanno pensare come non sia sbagliato mantenere il sistema attuale, salvo la possibilità di migliorarlo sempre più.

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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