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Quattro chiacchiere “magiche” con Alessio Puccio, doppiatore di Harry Potter!

Quattro chiacchiere “magiche” con Alessio Puccio, doppiatore di Harry Potter!

Abbiamo contattato Alessio Puccio, la “voce italiana” di Harry Potter, per fargli qualche domanda sulla sua esperienza con la saga e sul doppiaggio.

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Abbiamo contattato Alessio Puccio, la “voce italiana” di Harry Potter, per fargli qualche domanda sulla sua esperienza con la saga e sul doppiaggio.

Grifondoro, Hogwarts, Quidditch…A chi, come me, è cresciuto guardando la saga di Harry Potter queste parole suoneranno sicuramente familiari. D’altronde stiamo parlando di termini comuni nel gergo “potteriano”. Gergo che Alessio Puccio conosce fin troppo bene.

Per chi non lo sapesse, infatti, Alessio è un attore e doppiatore romano noto soprattutto per aver prestato la sua voce al maghetto più famoso del globo in tutti i film che lo vedono protagonista. Noi nostalgici di FacceCaso abbiamo deciso di contattarlo per fargli qualche domanda sulla sua esperienza con la saga e sul doppiaggio in generale. Ecco cosa ci ha detto:

Alessio in sala di doppiaggio

Quando e come è avvenuto il tuo primo contatto con il doppiaggio?
Premetto che sono figlio d’arte, nel senso che i miei genitori (Antonella Bartolomei e Massimo Puccio, ndr) lavoravano già nel campo del doppiaggio. In ogni caso la mia prima volta è stata a 6 anni con la pubblicità de “La Valle degli Orti Buitoni” e poi da lì piano piano ho iniziato.

E cosa hai provato quando hai saputo che saresti stato il doppiatore di Daniel Radcliffe in Harry Potter?
Devo dirti che all’inizio non ne sapevo molto, anche perché all’epoca avevo solamente 15 anni e a 15 anni onestamente pensavo a tutto tranne a chi fosse Harry Potter (ride, ndr). Diciamo quindi che ho imparato a conoscerlo negli anni doppiandolo e ora lo sto apprezzando ancora di più rivedendolo insieme ai miei figli.

A distanza di anni che impatto pensi che abbia avuto quell’esperienza sulla tua carriera di doppiatore?
Ha avuto un impatto sia negativo che positivo. Negativo perché sono sempre stato additato come “il maghetto” e di conseguenza alcuni ruoli all’inizio non me li facevano più fare. Positivo perché a distanza di parecchi anni vengo ancora invitato ad eventi o chiamato a rilasciare interviste e così facendo ho avuto la possibilità di viaggiare per quasi tutta la penisola. Insomma, sono consapevole di aver contribuito a qualcosa che resterà nella storia del cinema.

Quindi mi pare di aver capito che l’essere considerato esclusivamente come il doppiatore di Harry Potter ti ha un po’ limitato professionalmente. Ma ti da fastidio anche che il pubblico ti associ soprattutto a quel personaggio o è una cosa che ti fa piacere?
Diciamo che forse inizialmente soffrivo un po’ l’essere associato esclusivamente a lui ma per me quello che ho fatto è e sarà sempre un motivo di vanto e vedere le nuove generazioni che sgranano gli occhi quando scoprono chi sono è veramente bello.

Tu hai avuto anche qualche esperienza da attore in fiction di discreto successo quali “Fratelli Detective” e “Provaci Ancora Prof”, perciò puoi dircelo: c’è così tanta differenza tra il doppiare e il recitare?
Il doppiaggio, a differenza della recitazione, è un punto di arrivo, la fine di un percorso. Per arrivare preparati in sala di doppiaggio bisogna infatti passare prima attraverso l’Accademia dell’Arte e il teatro.

#FacceCaso

Di Gabriele Scaglione

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