A Torino la protesta di tre giovani musiciste contro la chiusura dei teatri. Concerto in metropolitana per sensibilizzare tutti sul loro problema. St
A Torino la protesta di tre giovani musiciste contro la chiusura dei teatri. Concerto in metropolitana per sensibilizzare tutti sul loro problema.
Stare dentro un teatro è pericoloso. Viaggiare in metropolitana invece è sicuro. Questo il risultato, da molti ritenuto assurdo, di quanto deciso dalle istituzioni per arginare il contagio da Covid-19. E tra le categorie maggiormente colpite da questi provvedimenti c’è quella di chi lavora nel mondo dello spettacolo. Persone private, di fatto, di ogni possibilità di lavorare. O forse no? A Torino, per protestare contro questa situazione, tre giovani musiciste hanno organizzato un concerto a bordo dei mezzi pubblici. Ma non per chiedere soldi. Vogliono solo sensibilizzare le persone sul grande problema che stanno vivendo.
Dati attendibili su focolai di contagi originati nelle sale teatrali e nei cinema non ce ne sono. Di sicuro però, fanno notare da settimane gli addetti ai lavori, è molto più facile mantenere le distanze e contingentare gli ingressi in quei luoghi, che non in un vagone della metro o su un autobus.
Capienze ridotte, file sfalsate, 2-3 posti vuoti ogni seggiolino occupato e obbligo di mascherina. Più l’aiuto dell’impianto di ventilazione dell’aria. Tutto questo non è bastato per evitare la serrata. Su treni e pullman, al contrario, regolare il flusso negli orari di punta è pressoché impossibile. Così come stare ad almeno un metro gli uni dagli altri. I dubbi sulle scelte, dunque, sorgono. Ma Francesca Siano, Anna Castiglia e Rossana De Pace, protagoniste della protesta, si sono adeguate. A bordo della metropolitana del capoluogo piemontese hanno allietato i viaggiatori con la loro musica, raccontando la situazione drammatica che loro e molti altri colleghi stanno attraversando.
Non stiamo chiedendo l’elemosina. Vogliamo solo che sappiate che noi artisti non abbiamo avuto la possibilità di lavorare, ci hanno fatto chiudere. E non alle 18, come altri. Almeno fino al 24 novembre siamo fermi e basta. I nostri palchi sono chiusi perché ritenuti pericolosi. E siamo qua per farvi vedere che se la metro può essere un posto sicuro, possono esserlo anche i teatri.
Questo il loro messaggio. Al quale hanno fatto seguire un invito per tutti gli artisti nella medesima situazione: “Chiunque può replicare questa iniziativa, che sia un poeta, un circense, un ballerino o un musicista“. Si sceglie un mezzo pubblico, si indossa la mascherina, si cerca di rispettare le distanze a bordo, per quanto possibile, e con la propria arte si informano i passeggeri che “i lavoratori dello spettacolo sono a casa perché la cultura non è ritenuta necessaria“.
#FacceCaso
Di Tommaso Fefè
COMMENTS