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Responsabilità dei contenuti: il vero nodo del blocco social a Trump

Responsabilità dei contenuti: il vero nodo del blocco social a Trump

Il blocco ai profili di Trump inasprisce il dibattito per la regolamentazione politica dei social. Di chi è la responsabilità dei contenuti pubblicati

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Il blocco ai profili di Trump inasprisce il dibattito per la regolamentazione politica dei social. Di chi è la responsabilità dei contenuti pubblicati?

L’8 gennaio 2021, giorno in cui Twitter ha sospeso permanentemente l’account di Donald Trump dopo l’assalto a Capitol Hill per “rischio di ulteriori violenze, è destinato a diventare uno spartiacque nella storia dei social media. Si apre il dibattito sulla responsabilità dei contenuti.

L’azione di Twitter è stata seguita a catena. Zuckerberg ha sospeso (temporaneamente) gli account su Facebook e Instagram, e YouTube ha fatto lo stesso. Trump ha annunciato la creazione di un nuovo social mentre molti suoi sostenitori si spostavano su Parler, giovane piattaforma dove è stato organizzato l’assalto a Capitol Hill. Ma Google e Apple rimuovono l’app dai loro store, mentre Amazon, che ospitava il social sui propri server, lo mette offline, e nel dubbio sospende Trump anche da Twitch.

Anche Shopify ha preso provvedimenti staccando la spina a due store online dedicati alla campagna elettorale; Airbnb ha annunciato la cancellazione delle prenotazioni dei violenti a Washington in vista dell’insediamento di Biden. PayPal ha bloccato il crowdfunding di un sito che ha aiutato i facinorosi di Capitol Hill a raccogliere fondi e Stripe ha annunciato di non processare più i pagamenti verso i siti di Trump.

La questione spinosa è capire se i social abbiano la responsabilità dei contenuti che gli utenti pubblicano, come in una redazione giornalistica, dove il direttore è sempre responsabile dei suoi giornalisti. Una parte della politica internazionale si dice preoccupata per il fatto che la democrazia sia nelle mani di un’oligarchia digitale che si autoregolamenta. Politica e istituzioni utilizzano i social sempre più, non ultimo il caso di Conte che chiede aiuto ai Ferragnez.

Il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ha commentato la sospensione dell’account di Trump. “Una “decisione giusta”, dice, ma non ne va orgoglioso. La sospensione di un qualsiasi account è un fallimento del dialogo e della piattaforma che non ha saputo promuovere una conversazione sana, continua; un’eccezione che crea un precedente pericoloso.

Internet è aperto per conformazione e i social devono essere decentralizzati, come le blockchain, aggiunge Dorsey. Sarà mai così? Chi vivrà, vedrà!

#FacceCaso

Di Luca Matteo Rodinò

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