Perché nessuna riforma della scuola ha mai pensato di introdurre il diritto tra le materie curricolari di tutti i licei e gli istituti tecnici? Maggi
Perché nessuna riforma della scuola ha mai pensato di introdurre il diritto tra le materie curricolari di tutti i licei e gli istituti tecnici?
Maggiorenne: colui che, raggiunta la maggiore età, ha acquisito la piena capacità giuridica di agire. Questo si legge sul vocabolario. Al compimento dei diciotto anni un giovane diventa, di fatto, a pieno titolo un cittadino, adulto, fatto e finito. Con tutto ciò che questo comporta. Ma quanti sanno realmente cosa ne consegue? Quanti sono consapevoli di ciò che significhi entrare materialmente a far parte della società? Pochi. E chi lo sa è per lo più grazie alla curiosità personale. Perché a scuola, cioè il luogo dove si forma la persona per preparala alla vita sociale, nessuno, salvo rare eccezioni, glielo ha mai spiegato adeguatamente. Da qui la domanda: per quale motivo non si insegna il diritto nelle scuole?
L’unico percorso che lo prevede come materia curricolare di insegnamento per tutti e 5 gli anni di scuola è quello del liceo Economico-Sociale. Classici, scientifici o istituti tecnici di altra natura al massimo autogestiscono corsi extra o dedicano qualche ora saltuaria alla spiegazione degli argomenti più basilari.
Così, arrivati alla maturità, i giovani possono tecnicamente andare a votare, ma non hanno pressoché nessuna conoscenza di come funzionino le istituzioni per le quali stanno partecipando alla scelta dell’indirizzo politico. Delle numerose riforme susseguitesi negli ultimi anni, non ce ne è stata una che abbia seriamente considerato questa una lacuna da colmare. Nel dibattito pubblico si è arrivati a sostenere la possibilità di insegnare la filosofia già alle medie, ma altrettanto non si è fatto per poter spiegare i fondamenti dell’ordinamento italiano agli studenti dai 14-15 anni in su.
Il mero surrogato dell’educazione civica
Recentemente, per la verità, è stato dato nuovo slancio all’educazione civica. La legge 92 del 20 agosto 2019 ne ha introdotto l’insegnamento, nel primo e secondo ciclo d’istruzione, proprio a partire dall’anno scolastico 2020-2021. Tuttavia già nelle FAQ pubblicate dal MIUR emerge una certa fragilità di metodo, che la rendono un mero surrogato. Per i più piccoli, “l’insegnamento è affidato, in contitolarità, a docenti di classe individuati sulla base dei contenuti del curriculum“. In pratica, valutando caso per caso, ogni insegnante, a prescindere dalla materia, ritaglierà parte del suo tempo in classe per affrontare anche i temi del diritto. Per i più grandi la gestione da parte dei professori è più articolata, ma si parla sempre di “spazio ricavato all’interno della quota oraria settimanale“. In altre parole, si tratta di tempo residuale da dedicare a questa attività.
In teoria la normativa prevede anche la valutazione finale. Le difficoltà però sono prevedibili. Impensabile poter affrontare a dovere temi vasti come la Costituzione, anche solo nei suoi articoli fondamentali, o il funzionamento degli organi dello stato in questo modo. A quanto pare, quindi, il diritto non ha pieno diritto di esistere nella scuola italiana.
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