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Adotta uno scrittore: il progetto tra scuola e carcere

Adotta uno scrittore: il progetto tra scuola e carcere

Andare a scuola in carcere non è cosa facile. Ma molti detenuti vengono aiutati dai ragazzi delle scuole, come nel progetto Adotta uno scrittore. Tut

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Andare a scuola in carcere non è cosa facile. Ma molti detenuti vengono aiutati dai ragazzi delle scuole, come nel progetto Adotta uno scrittore.

Tutte le volte che passavo davanti al carcere di Sulmona, andando a Napoli, mi coprivo gli occhi. Lo faccio ancora, perché al solo pensiero di vedere quelle finestrelle strette e lunghe mi sentivo soffocare. Lo faccio ancora, a distanza di vent’anni. Perdere la libertà dopo un’azione sbagliata non è cosa facile e questo piccolo racconto iniziale non vuole giustificare nessuno. Ma c’è un progetto che si chiama “Adotta uno scrittore” ed è organizzato dal Salone del Libro di Torino e dall’ufficio scolastico del Piemonte. I ragazzi dell’ultimo anno, quelli con la patente, si organizzano per andare nel carcere di massima sicurezza a tenere una lezione. Tre appuntamenti per tre ore, dove partecipano circa trenta detenuti, che frequentano anche la scuola interna.

Il carcere dovrebbe essere una punizione, ma soprattutto un periodo di riabilitazione che possa portare il detenuto ad una vita dopo la reclusione. Ed è proprio quello che fanno nel carcere di Saluzzo, in Piemonte, dove i ragazzi del liceo aiutano i detenuti con un corso di scrittura creativa.

Nel carcere di Saluzzo ci sono i cosiddetti ergastoli ostativi, ovvero quelli che non hanno via di scampo. Quelli a cui non viene permessa la libertà condizionata o la semilibertà. A loro, però, è concesso di imparare a leggere e scrivere. Soprattutto a scrivere.

Le parole di questi scrittori rimangono impressi nella mente, parlano di ergastolo, di figli, del rapporto con i nipoti o con i genitori, che molto spesso sono stati anche loro dei criminali.
E ci sono anche Ludovica, Stefania e Virginia, tutte tra i 17 e i 19 anni, che hanno tenuto un vero e proprio corso di teatro per i detenuti, facendo della peer education qualcosa di vero.

Perché loro sono nostri pari e molto spesso hanno conseguito in carcere quelli che per noi sono i traguardi più grandi della vita, dall’imparare a scrivere al diploma.

#FacceCaso

Di Benedetta Erasmo

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