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Carlo Butera, la promessa della fotografia palermitana, ed io c’ho FattoCaso

Carlo Butera, la promessa della fotografia palermitana, ed io c’ho FattoCaso

Carlo Butera è un giovanissimo fotografo palermitano che racconta tantissime storie nei suoi scatti. Non potevo non intervistarlo! Carlo Butera, clas

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Carlo Butera è un giovanissimo fotografo palermitano che racconta tantissime storie nei suoi scatti. Non potevo non intervistarlo!

Carlo Butera, classe 2000, è un fotografo emergente di Palermo, che fa della fotografia il suo cavallo di battaglia e la sua massima espressione artistica. Ha studiato da autodidatta, senza toccare libri specifici sulla fotografia ed adesso scatta tra ispirazioni e rivisitazioni caravaggesche, evolvendo sempre più il suo stile grazie alla curiosità, che lo spinge alla scoperta di volti dalla massima carica emotiva.

Collabora con riviste internazionali, dalla Francia all’America senza fermarsi, e così, dopo averci colpito con le sue foto, siamo andati a prenderci un caffè e ne abbiamo approfittato per #faccecaso.

Ciao Carlo, benvenuto su FacceCaso, inizierei chiedendoti come e quando hai scoperto la tua passione per la fotografia?
A 16 anni, i miei genitori avevano visto che c’era qualcosa che mi piaceva dal punto di vista fotografico e mi hanno regalato una Sony, che fotografava in JPEG, quindi ho detto: “Vabbè, che fa, me ne privo?”.
Così ho iniziato a fare le fotografie in mezzo alla strada, tipo: c’era l’albero carino e lo fotografavo, dopo ho conosciuto degli amici che facevano musica ed ho cominciato a fare delle pratiche con loro, poi comunque sono passato a Canon, poi da Canon sono passato ad un’altra Canon, e così via, fino ad adesso. La scintilla è arrivata quando per la prima volta mi hanno pagato uno shooting, ha cambiato radicalmente il mio modo di vedere le cose ed ho capito che era quello che volevo fare nella vita.

Raccontaci un po’ il tuo percorso scolastico…
Il mio percorso scolastico è stato un po’ strano, ho fatto il liceo artistico ed al quinto anno, mi sono ritrovato che non sapevo dipingere, così la mia professoressa, oltretutto che sono daltonico, mi ha detto “Se tu, mi porti un lavoro bello sistemato con Photoshop, io non ti faccio usare i pennelli” e così fu. Adesso frequento l’Accademia delle belle arti sempre a Palermo, con indirizzo fotografia, ma non mi ci trovo, anche perché il mercato fotografico palermitano conta solo fotografie street e urban, mentre la mia fotografia è completamente l’opposto di quello che studio, sono più per le fotografie di moda.

Un fotografo daltonico è il colmo, come fai?
In pratica il mio daltonismo è un daltonismo che tende ai colori scuri: quindi se io vedo il verde lo associo al marrone e il marrone lo associo al verde, così come il rosso lo associo all’arancione, ed al contrario. Infatti, edito con delle espressioni di colore, di cui ho un quaderno pieno, perché un colore comunque è una rifrazione di luce e mi risulta meno difficile così, ma è una cosa che devi saper prendere. Se tu non hai la passione nel sangue, non puoi farla nascere e così è per me.

In merito ad uno dei tuoi più noti progetti; hai incluso tappeti e veli, come mai?
È più un concetto onirico, perché il tappeto, come tutti gli altri elementi di arredamento, lo metti al suo posto, non lo usi per le fotografie, infatti è un pensiero un po’ dadaista, vedi Duchamp con l’orinatoio… In più è stata una cosa mia, nel senso che mi sono trovato bene nell’utilizzarli in quel momento, ed ho continuato la scalata del tappeto, anche se ormai un po’ mi è seccato farlo, preferisco altri elementi più carichi di pathos. I veli seguono lo stesso principio, non li concepisco come qualcosa che devi usare per forza per fotografare, ma piuttosto un qualcosa per arrivare alla fotografia. Per fare un paragone: i tappeti sono il quinto anno del liceo, i veli sono il primo anno, cioè, tu impari tutte le basi e poi arrivi ad un obiettivo esprimendoti.

Ed il San Girolamo, ispirato a Caravaggio?
L’ho concepito come una donna, perché la donna è stata sempre messa da parte, quando, in realtà è il pezzo più importante. Poi io sono di parte, anche perché mi piace tantissimo invertire i ruoli, ad esempio adoro esteticamente i vestiti femminili e sugli uomini alcuni sono fighissimi, vedi un Achille Lauro, se ci sai fare, puoi arrivare ovunque.

Invece, essendo del sud, credi che sia più difficile esprimerti?
Assolutamente sì, mi sento un pesce fuor d’acqua, quasi un estraneo, sento la necessità di andare a Milano, perché Palermo non è aperta all’arte, qui va solo il mercato della musica o della fotografia street. In più, ti dirò, c’è una cosa qui che taglia le gambe, che sono i soldi, ti porto un esempio: se tu stabilisci un prezzo per uno shooting, la persona media ti dice: “me le pozzu fare fari puru ri me cucino – posso farmele fare anche da mio cugino” e ti ho detto tutto. Ma la cosa più triste è che nella scena palermitana, ci sono tantissimi fotografi e se questi andassero a fare qualcosa fuori, subito si sarebbe urlato al “genio indiscusso”, lo fanno qua e dicono “Ah vabbè”. Invece metti una Letizia Battaglia, lei ha cominciato a fare fotografie street, ed è diventata famosa perché si è trovata nel posto giusto e nell’era giusta, o prendi un Ferdinando Scianna …
Ma se prendi un fotografo della loro epoca che sia riuscito ad uscire dagli schemi, è Franco Fontana, e di dov’era lui?

Un buon proposito che ti piacerebbe sviluppare appena la situazione si sarà calmata?
Mi piacerebbe un progetto all’estero ma con una modella italiana, per far vedere al mondo come in Italia non siamo così chiusi, soprattutto qua a Palermo, perché i talenti ci sono, ma gli investitori sull’arte un po’ meno.

Allora a noi non resta che lasciarci, grazie mille per questa chiacchierata, ci mancava un confronto faccia a faccia e ti auguriamo il meglio. Ma prima, un consiglio per i lettori di FacceCaso!
Un consiglio spassionato che darei, si ispira ad un mio progetto di quest’estate con le drag queen: approfondite questo mondo, è bellissimo, secondo me sono delle persone che hanno una gamma in testa inconscia assurda, perché queste nascono come performer, ed hanno quell’ironia amara che ti fa dire “bello”, ma non perché siano stravaganti, ma perché hanno un mondo dietro che è quasi segreto, ma che affascina tantissimo.
Grazie tante a voi per e per l’opportunità datami, e voi #FateceCaso.

#FacceCaso

Di Alessia Sarrica

COMMENTS

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    BeneDeath 3 anni

    CHe dire, da palermitano empatizzo molto verso l’artista, l’ho conosciuto solo ora ma è sicuramente un personaggio da tener d’occhio, tanto di cappello per l’intervista: chiara, dettagliata e interessante.
    Vogliamo più caffè come questi

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