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Ai posteri l’ardua sentenza: lo sciopero dei docenti

Ai posteri l’ardua sentenza: lo sciopero dei docenti

La nostra rubrica sui dubbi, sulle paure e anche sui giramenti di… testa che affliggono gli studenti italiani. Oggi parliamo del pericoloso sciopero d

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La nostra rubrica sui dubbi, sulle paure e anche sui giramenti di… testa che affliggono gli studenti italiani. Oggi parliamo del pericoloso sciopero dei docenti.

Nella seconda metà del mese di Aprile è giunta la conferma ufficiale dell’approvazione dello sciopero dei docenti universitari per la sessione d’esami estiva da parte della Commissione di Garanzia degli Scioperi. Ad un qualsiasi studente questa notizia non risulterà certamente nuova, identico sciopero fu portato avanti durante la scorsa sessione autunnale da più di diecimila tra professori e ricercatori, i quali si rifiutarono di svolgere esami durante il primo appello.

Le cause dell’agitazione sono da ricercarsi soprattutto nel congelamento degli scatti di anzianità per i salari dei docenti nel periodo 2011-2015, ripresi poi da gennaio 2016. La richiesta era ed è tuttora di recuperare un anno, facendoli ripartire dunque da gennaio 2015.

La mobilitazione autunnale creò, oltre ai disagi per gli studenti, anche una certa attenzione mediatica, essendo stata di grande portata e del tutto autonoma dai sindacati, tanto che il governo Gentiloni decise nella Legge di Bilancio di restituire una parte di ciò che era stato perso con il congelamento. Ciò non è evidentemente bastato, la protesta infatti sta continuando con un’iniziativa analoga alla precedente, andando di nuovo a negare il primo appello della sessione d’esami estiva.

È noto come la crisi finanziaria si andata a toccare ogni ambito ed ogni professione della nostra società, il mondo dell’istruzione pubblica non ha certo fatto eccezione. Tagli ce ne sono stati, anche importanti, ci sono state molte mobilitazioni studentesche, a cui quasi mai docenti hanno partecipato, ed alcuni risultati sono stati ottenuti.

Mai prima d’ora però era stato concepito uno sciopero che tanto andava a penalizzare la categoria degli studenti, i primi a fare le spese dei precedenti tagli, ed ora costretti anche a subire la protesta dei professori. È chiaro che nessuno ha la minima intenzione di negare il diritto di sciopero, di parola o di protesta a nessuno, men che meno alla categoria degli insegnanti, ma spesso sarebbe il caso di analizzare le conseguenze delle proprie azioni.

Gli studenti universitari hanno delle scadenze e la necessità di organizzare il proprio studio ed il proprio percorso soprattutto in base alle date degli esami che dovranno sostenere. Il venire meno di un appello rischia di mandare all’aria interi programmi nel migliore dei casi, nel peggiore rischia di non permettere a molti di accedere a borse di studio o simili, che richiedono di conseguire una serie di esami entro una certa data.

Per questa volta, pare che il movimento si sia impegnato ad inserire un appello straordinario entro due settimane da quello saltato, ma sembra quasi una presa in giro, chi frequenta o ha frequentato un’università sa perfettamente che uno spostamento di due settimane può mandare in frantumi tutti i progetti per la sessione. Questi sono solo alcuni dei disagi che sono stati e, con tutta probabilità, saranno costretti a subire gli studenti a causa dello sciopero.

Ergersi fortemente contro questa mobilitazione da parte di intere parti dell’istruzione pubblica o della politica potrebbe costituire un’arma a doppio taglio, un pericoloso precedente di negazione del diritto di sciopero, è necessario affidarsi al buon senso. Buon senso che forse è mancato a chi ha deciso di portare un disagio tanto forte a ragazzi che decidono di dare fiducia all’università pubblica, che, nonostante sia tale, li costringe a pagare tasse fino a tremila euro l’anno.

Per quanto riguarda la protesta autunnale, c’era stata comprensione ed in alcuni casi appoggio dal mondo studentesco, un piccolo risultato era stato anche conseguito, in un’ottica di compromesso. Questo però non è bastato, di nuovo moltissimi docenti hanno deciso di penalizzare chi già aveva subito la prima manifestazione, forse i più incolpevoli.

Il voler insistere con questa linea ha portato gli universitari a dire basta, anche chi aveva appoggiato, o almeno dato il beneficio del dubbio in precedenza, si sta sollevando per difendere il diritto allo studio di chi fa molti sacrifici per poter frequentare un’aula.

Manca ancora un mese alla famigerata sessione estiva che impegnerà gli studenti negli esami, anche se in molti non al primo appello. C’è dunque ancora tempo, seppur poco. Stiamo sicuramente parlando di un tema importante che non può rimanere taciuto, ma è possibile trovare altre modalità.

I docenti universitari aderenti alla protesta decideranno di tornare sui proprio passi, cercando metodi alternativi, o continueranno su questa strada?

Ai posteri l’ardua sentenza.

#FacceCaso

Di Edoardo Frazzitta

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