In un momento come questo, può essere davvero una buona notizia: crescono le matricole delle Università italiane. Bergamo sfreccia avanti a tutti. C’
In un momento come questo, può essere davvero una buona notizia: crescono le matricole delle Università italiane. Bergamo sfreccia avanti a tutti.
C’è voglia di Università. No, non solo in questi mesi bui. Non solo ora che si rimane chiusi in casa e aule ed esami sembrano quasi una cosa bella. C’è voglia di tornare a studiare tra i giovani italiani. E si vede da i trend dei dati che riguardano le iscrizioni 2019-2020. Tutti, o quasi, in crescita nella Penisola.
Cresce Bergamo, sogna L’Aquila
Secondo i dati Istat forniti dal Ministero, l’Università maggiormente in crescita nel nostro paese sarebbe quella di Bergamo: + 26% di iscritti. Sì, proprio quella Bergamo falcidiata dal coronavirus, quella Bergamo che sta vedendo sparire famiglie intere, quella Bergamo che canta “Rinascerò, Rinascerai”. Il comune lombardo, famoso per la tigna e la perseveranza dei suoi cittadini, potrà davvero rinascere dalle proprie ceneri. Come una fenice.
Grazie alle nuove leve.
Così come L’Aquila, che dopo il terremoto del 2009 temeva il tracollo. Il capoluogo abruzzese, ha visto invece innalzarsi il numero di nuovi iscritti oltre l’8,89%. Circa 2mila nuove leve cariche di voglia di imparare e di apprendere, di ricostruire e di godersi la bella città incastonata tra le aspre montagne dell’Appennino.
E poi il Sud. L’Università di Palermo che cresce del 14%, e Napoli con la sua “Parthenope” e Cagliari e Messina. E poi, ancora, Modena, Reggio, Firenze, Padova, Trento, Torino, Parma e Ferrara. Ognuna di queste università ha visto crescere le iscrizioni. Chi per un motivo chi per un altro.
“In questo rapporto c’è un dato forte”, ha commentato il “ministro della Ricerca e dell’Università” Gaetano Manfredi.
“Abbiamo recuperato i livelli che precedevano la lunga crisi del 2008. Ora dobbiamo guardare avanti e riuscire a contenere gli effetti negativi dell’arresto dell’economia italiana e della caduta di occupazione delle famiglie. Le università italiane non possono permettersi di togliere di colpo le rette, da sole pesano per un miliardo e quattrocento milioni di euro, un quarto dei singoli bilanci. Di certo, dovremo allargare la no tax area e alzare i livelli dell’Isee da dichiarare in modo che possano accedervi più studenti”.
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