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Disoccupazione e poco lavoro in Italia: la storia e i numeri di noi giovany

Disoccupazione e poco lavoro in Italia: la storia e i numeri di noi giovany

Quali sono le caratteristiche delle dinamiche lavorative giovanili? Tra NEET, poche opportunità e aziende restie all'assunzione, vediamo come stiamo m

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Quali sono le caratteristiche delle dinamiche lavorative giovanili? Tra NEET, poche opportunità e aziende restie all’assunzione, vediamo come stiamo messi.

In quanto generazione cresciuta nello scenario economico globale post crisi del 2008, siamo – tristemente – abituati a rovinose statistiche in merito alla disoccupazione, soprattutto giovanile.

I 388mila ragazzi fra i 15 e i 24 anni senza un lavoro nel 2008 sono diventati 743mila nel primo trimestre del 2014, con un tasso di disoccupazione in crescita: dal 16% del 2008 al 29,4% del 2020.

Un’altra categoria a cui siamo avvezzi – soprattutto grazie a discorsi moralisti di dubbio gusto capaci di demolire il “fascio di tutta l’erba” inveendo contro la “gioventù d’oggi” – sono i NEET (Not in Education, Employment or Training), giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro, più di 2 milioni al 2020.

Un elemento d’analisi a cui, forse, non viene lasciato troppo spazio e che, invece, potrebbe aiutarci a comprendere per quale motivo l’Italia è il terzo paese in Europa per disoccupati e il primo per NEET, è quello dello skill mismatch.

Numeri importanti

Lo skill mismatch può essere definito come il disallineamento tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle in possesso dei lavoratori. Secondo il rapporto “Alleviating the Heavy Toll of the Global Skills Mismatch” pubblicato dal Boston Consulting Group nel dicembre 2020, risultano eccessivamente qualificate o sottoqualificate per il proprio lavoro più di 1,3 miliardi di persone nel mondo. Nei Paesi Ocse un lavoratore su tre non ha le competenze richieste e la percentuale aumenta per l’Italia, dove lo skill mismatch arriva addirittura al 38,2%, con 10 milioni di lavoratori “disallineati” rispetto al recruiting delle imprese.

Ma quali soldi…

Interessante notare come un divario di queste dimensioni non comporti esclusivamente una perdita nel tasso di occupazione, ma, anche, esclusivamente economica: il BCG prevede per il periodo post-pandemico una perdita dell’8% annua da qui al 2025, rispetto a un potenziale sviluppo del PIL con competenze meglio allineate. Nel worst-case scenario, questa percentuale salirebbe all’11%, raggiungendo il PIL totale dell’Unione Europea al 2018.

Quindi, sì, siamo abituati a dati preoccupanti dal fronte occupazionale, ma forse non immagineremmo mai che, in un paese con la disoccupazione giovanile al 18,5% (ISTAT, 2022, giovani 15-29), oltre 4 aziende su 10 non riescono a trovare i profili che cercano, secondo i dati del Sistema Excelsior di Unioncamere-Anpal.

Si tratta di uno skill mismatch più pronunciato in alcuni settori rispetto ad altri, come mostrano i dati sull’occupazione per titolo di studio: secondo Almalaurea, al 2019 l’occupabilità dei laureati in archeologia è al 71%, mentre il tasso di occupazione per ingegneria meccanica è al 97%.

Che fare quindi?

Difficile ipotizzare una formula magica che risolva questo disallineamento, non solo perché i fattori che lo compongono (anche quello territoriale, ad esempio, di cui non si è parlato, ma che è evidente dal divario statistico fra occupazione nelle macroregioni italiane) sono variegati, molteplici e complessi da manipolare nel breve periodo, ma anche per l’influenza dell’impostazione storica del sistema educativo italiano, concentrato enormemente più sulle materie umanistiche che su quelle scientifiche – chiunque si vergognerebbe di non sapere che La Gioconda è un dipinto di Leonardo da Vinci, ma chi, invece, si vergognerebbe allo stesso modo nel non sapere enunciare il principio di Archimede?

Iniziare, però, a discuterne insieme, aggiornando percorsi di studi, informando gli indecisi e orientando i confusi, può essere il miglior punto di partenza, affinché il mondo del lavoro non venga visto esclusivamente come un terribile mostro che ti inghiotte lasciandoti a brandelli e, allo stesso tempo, ai giovani non venga attribuito alcun primato di pigrizia o mancanza di iniziativa.

Di Costanza Pinna Berchet

#FacceCaso

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