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Parco della Salute di Torino, un’illusione che si eclissa

Il progetto del valore di 20 milioni capitola definitivamente: mancando i giusti finanziamenti, i grandi spazi dell’ex Moi non saranno recuperati dall

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Il progetto del valore di 20 milioni capitola definitivamente: mancando i giusti finanziamenti, i grandi spazi dell’ex Moi non saranno recuperati dall’Università e la ricerca biomedica non potrà avere sede lì.

Di Silvia Carletti

Università e Politecnico di Torino avevano fatto sperare qualche tempo fa in un recupero dello spazio libero (e altamente degradato) dell’ex Moi, palazzina che fu dapprima la sede dei Mercati Generali della città, poi riqualificata come villaggio olimpico durante le Olimpiadi Invernali del 2006, e infine lasciata in stallo e occupata dai profughi. Il grande polo sarebbe divenuto un “Parco della Salute” dedicato ad attività di ricerca biomedica, di robotica, di telemedicina, curato da insegnanti e studenti delle Scuole di Medicina di entrambi gli atenei.

Sarebbe, perché anche stavolta il sogno non si è materializzato. Il Parco della Salute è ora soltanto un’ombra del progetto ideale che lascia l’amaro in bocca e solleva non poche polemiche.

I finanziamenti non sono bastati, le aziende non hanno “giocato” ad occhi chiusi senza avere certezze da parte dell’Università, che dal canto suo non poteva assicurare abbastanza fondi senza il pieno e incondizionato sostegno degli sponsor e del Comune.

“È evidente che se manca un investimento iniziale credibile, che testimoni la convinta determinazione nel realizzare il progetto, non si può pensare di attirare le industrie”: queste le parole con cui esprime tutta la sua delusione Ezio Ghigo, preside della Facoltà di Medicina che nel Parco tecnologico vedeva l’occasione di un grande riscatto economico e sociale per la città di Torino. Dopo tanti anni di degrado, finalmente quei 17 mila metri quadri avrebbero vissuto una nuova fioritura, divenendo un punto di riferimento per tutti gli studenti italiani che per la prima volta avrebbero visto nascere un polo scientifico così grande e così innovativo nella penisola.

Un po’ come avviene normalmente all’estero: in paesi come gli Stati Uniti, ogni anno le Università ricevono milioni di dollari per i propri brevetti, mentre in Israele –racconta Ghigo- “i medici grazie ad apparati tecnologici sono riusciti a far camminare anche pazienti paraplegici”. È inevitabile il confronto, e la notevole perdita che ne consegue, per l’Italia. Da noi, a quanto pare, non si riesce nemmeno ad edificare (o meglio, recuperare) un centro di ricerca così sviluppato. Così i ragazzi del Politecnico e dell’Università continueranno sì con la sperimentazione e la ricerca medica, ma ognuno “per i fatti suoi” senza poter condividere spazi, macchinari, e idee, perché privi di contatto diretto nei laboratori.

Quella di ritirare il progetto è stata una scelta molto seria, che conferma e riflette le carenze del nostro Paese: rinunciando al Parco della Salute, Torino ha perso una possibilità di progresso di cui l’Italia ha estremamente bisogno.

D’altronde è una scelta necessaria e giustificabile in parte, poiché, come ha detto Ghigo, “essere poveri non è una colpa”.

Di Silvia Carletti

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