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Irene Ferri è una fotografa tutta da scoprire…  l’abbiamo intervistata per voi!

Irene Ferri è una fotografa tutta da scoprire… l’abbiamo intervistata per voi!

Abbiamo intervistato Irene Ferri: una fotografa italiana dal cuore americano che ha fatto dei social la sua miglior galleria d'arte... Ciao Irene! Sa

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Abbiamo intervistato Irene Ferri: una fotografa italiana dal cuore americano che ha fatto dei social la sua miglior galleria d’arte…

Ciao Irene! Sappiamo dal tuo IG che i tuoi studi si sono focalizzati sulla cinematografia più che sulla fotografia, come e quando è arrivata la svolta verso quest’ultima?
Ciao Martina! In realtà la fotografia è venuta per prima: a sedici anni facevo parte di una compagnia di teatro e ho iniziato a fotografare i miei amici attori durante gli spettacoli, quando ancora Instagram non esisteva e le foto non andavano di moda. Eravamo veramente in 4 gatti a fotografare nel mio paese. Nel 2013 mi sono laureata in Comunicazione Media e Pubblicità presso la IULM di Milano (la pubblicità mi ha sempre intrippato, fin da bambina) e subito dopo mi sono trasferita a Los Angeles per proseguire gli studi in Tv&Cinema Production presso l’UCLA Extension. Penso che il mio percorso si rifletta molto nel taglio cinematografico che cerco di dare ai miei scatti. Concepisco ogni immagine come il frame di un film.

Hai definito il progetto ITALIA un progetto “anti-lamentele”, è molto interessante perché noi italiani siamo dei “lamentosi” per eccellenza. Quanto è stato importante per te aver vissuto in America nel percorso di accettazione della tua italianità? Quando è arrivata la voglia di trovare la bellezza nella decadenza tipica della nostra penisola? L’America è stata una tappa fondamentale nello sviluppo della mia personalità e del mio mindset, mi ha aiutata ad entrare in contatto con una mentalità molto positiva e con poco spazio per le lamentele. Una volta tornata in Italia dopo 3 anni passati in California, mi sono resa conto della negatività costante con cui parliamo del nostro Paese sui social (e non solo). In primis quella che più si lamentava ero io, ovviamente.
Ho deciso di rovesciare la prospettiva e di iniziare questo viaggio per innamorarmi di nuovo dell’Italia lanciando una sfida ai miei connazionali: volevo che si fermassero a pensare a cosa rende unico questo Paese e potessero anche loro tornare a innamorarsi. Nella pratica, chiedo loro “cos’è per te l’Italia?” e traduco le loro risposte in fotografie. È stato, ed è ancora, un profondo viaggio di riscoperta, tra caffè sospesi, gentilezze in fila alle poste, profumo d’origano e serate passate in compagnia dei nonni.

Ci sono tanti giovani che vengono scoraggiati dall’intraprendere percorsi formativi di stampo artistico da famiglie e insegnanti perché il mercato del lavoro è assai ridotto. Hai avuto di questi problemi quando eri giovane? Cosa consiglieresti ad un ragazzo/a che vuole intraprendere un percorso nel mondo della fotografia ma che è scoraggiato dalle prospettive lavorative?
Diciamoci la verità, oggi il mondo del lavoro è complesso in qualunque settore, non solo quello artistico. Mia madre mi ha cresciuta dicendomi: “mettiti il cuore in pace, dovrai inventarti una professione tutta tua”. E così è stato, infatti io sono una fotografa-insegnante-imprenditrice. Come in ogni campo, bisogna essere pronti a impegnarsi ma soprattutto ad individuare la propria “zona di genio” e investire su quella. Ad esempio: perché continuare a portare avanti 15 generi fotografici se quello in cui si eccelle (e quello che si vuole fare) è la fotografia di ritratto? La macedonia può funzionare in una prima fase esplorativa, ma alla lunga non ripaga.
Il mio consiglio alla me stessa di 15 anni fa sarebbe: rimani focalizzata su quello che sei brava a fare, sii consapevole che ogni errore è sacro e ti insegnerà qualcosa in più, come donna impara a far sentire la tua voce e porre dei (sani) confini nel mondo del lavoro.

Durante la quarantena hai creato ben due video-corsi che trattano di fotografia e post-produzione, Venice e Plutone. Ci spieghi un po’ cosa li rende diversi dai tanti corsi che si trovano online e perché sono adatti sia agli appassionati sia a chi vuole intraprendere un percorso più professionale?
La differenza principale è nell’approccio: sono una fotografa, ma laureata in Comunicazione e Cinema, quindi credo fortemente nelle contaminazioni. Non amo i tecnicismi, perciò in ogni lezione non c’è solo la parte teorica ma anche casi studio da cui prendere spunto e tanti esercizi (perché senza la pratica non si va da nessuna parte). In più, soprattutto attorno a Venice, si è formata una bellissima community in cui gli studenti si scambiano consigli e opinioni che aiutano a crescere insieme e a sentirsi parte di qualcosa di più grande. La mission è proprio svecchiare quel tipo di scuola che si limita a “guardare ai maestri della fotografia” e iniziare a chiederci cosa possiamo imparare invece – a livello fotografico – dai grandi maestri del cinema, della musica, della letteratura, del marketing.

Una componente fondamentale degli artisti è notoriamente la loro personalità. Ti posso chiedere una citazione che rappresenta la tua personalità fotografica e una che parla di “Irene” più da un punto di vista quotidiano?
Non è facile sceglierne solo una ma ci proverò! Penso che la frase che più mi rappresenta da un punto di vista fotografico sia di Man Ray: “Naturalmente, ci saranno sempre coloro che guarderanno solo alla tecnica e chiederanno ‘Come?’ mentre altri, di una natura più curiosa, domanderanno ‘Perché?’. Personalmente, ho sempre preferito l’ispirazione all’informazione”.
Per quanto riguarda la mia vita e la mia esperienza personale, sono abbastanza ossessionata da questa quote da Il Seggio Vacante di JK Rowling, che tento di mettere in pratica quotidianamente: “Autentico e inautentico erano parole che Ciccio usava spesso, mentalmente; applicate a se stesso e agli altri, erano per lui concetti dalla precisione chirurgica. Ciccio aveva stabilito di possedere dei tratti autentici, che dunque dovevano essere sostenuti e coltivati. Ma aveva anche capito che certi suoi comportamenti erano il frutto naturale della sciagurata educazione ricevuta, dunque inautentici e da purgare. Negli ultimi tempi si stava esercitando ad agire unicamente in base agli impulsi che considerava autentici, ignorando o reprimendo il senso di colpa e la paura (inautentici) che tali azioni suscitavano in lui.”

#FacceCaso

Di Martina Borrello

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