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Lavoro: non il primo pensiero, ma la prima paura

Lavoro: non il primo pensiero, ma la prima paura

In un mondo di minacce e distorsioni, dove sembrano essersi persi tutti i punti di riferimento, quasi la metà dei ragazzi colloca al primo posto la pa

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In un mondo di minacce e distorsioni, dove sembrano essersi persi tutti i punti di riferimento, quasi la metà dei ragazzi colloca al primo posto la paura di non trovare un lavoro che permetta di realizzare la propria vita.

Di Irene Tinero

Sarà perché un tempo qualcuno diceva che “il lavoro nobilita l’uomo” che quattro ragazzi su dieci, ovvero il 41,2 % degli intervistati, considera l’impiego la propria paura più grande. Hanno fatto da cavie 95 giovani, di cui 49 ragazze e 46 ragazzi, età media 20 anni: sono quasi tutti del nord-est, eccetto due siciliani, un romano ed una ragazza slovacca. Di loro 84 studiano, alcuni anche all’estero, 2 sono studenti lavoratori e 2 sono disoccupati. Spaccato abbastanza realistico eccetto per una pecca: si potevano sentire anche altre voci della penisola. L’inchiesta prende il nome di “Rischi lontani/Paure vicine” ed è stata promossa dal Laboratorio di Sociologia dell’Università degli studi di Udine, sostenuta a sua volta dalla collaborazione con la XII edizione del festival vicino/lontano della stessa città, previsto nel periodo 5-8 maggio.

Quest’ultimo evento nasce nel 2005 grazie allo stretto legame con lo scrittore-viaggiatore Tiziano Terzani: attraverso incontri, dibattiti, letture e spettacoli, basando tutto su di uno stretto contatto con il pubblico, in quattro lunghe giornate, ogni anno si cerca di analizzare i processi di trasformazione del mondo globalizzato. Perché il nome “vicino/lontano”? Non si tratta solo di coordinate geografiche e quindi multiculturali, ma in un senso più metaforico, la condizione critica che riguarda l’intimo di tutti noi.

A condurre l’inchiesta ci hanno pensato 11 studenti della facoltà di Scienze della Formazione: il rapporto diretto tra giovani definisce questa indagine “a valanga” (o palla di neve). Il fatto che siano ragazzi ad intervistare ragazzi, ricorrendo all’utilizzo di cellulari e computer, strumenti molto familiari per tutti noi, elimina il dato meramente quantitativo e libera emozioni e sentimenti, solitamente non rinvenuti in altri tipi di sondaggi. Questo tipo di rapporto garantisce maggiore naturalezza, spontaneità ed onestà.

La paura non consiste solo nella difficoltà di vedere un lavoro all’orizzonte, quasi fosse un miraggio: sono talmente presuntuosi i giovani di oggi da volerne uno che li renda felici ed indipendenti, in grado di rendere (almeno un po’) orgogliosi i propri genitori e che permetta, a loro volta, di mettere su una famiglia. Quanto siamo “schinizzosi”, ragazzi! (cit. Elsa Fornero).

Non ci si limita a questo: in molti hanno parlato di odio, violenza, i più piccoli hanno evocato il bullismo. Viviamo in un mondo spaventoso, una bolla mediatica, al grido di “non c’è più futuro” e adesso, più di prima, sotto continue minacce. Ogni giorno però possiamo dare il massimo, impegnarci per quello che davvero vogliamo ottenere nella vita, scegliendo di non lasciarci abbattere da chi non vede più alcuna soluzione, perché chissà magari fai la stessa fine di quello di cui ti hanno raccontato la storia, che nonostante tutto ce l’ha fatta.

Di Irene Tinero

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