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L’Isis, dalle origini agli ultimi attentati: il quadro completo

L’Isis non molla, avanza: proviamo a vederlo anche dal punto di vista giuridico... Ecco che quando sembrava che l’Isis stesse perdendo terreno, confor

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L’Isis non molla, avanza: proviamo a vederlo anche dal punto di vista giuridico…

Ecco che quando sembrava che l’Isis stesse perdendo terreno, confortati da notizie positive in merito alla riconquista dei territori sottratti e da uno strano, freddo, senso di sicurezza derivante dal massiccio spiegamento di forze armate su tutti i luoghi a rischio, la mano dei terroristi dell’autoproclamato califfato islamico torna a stringere nella morsa della morte poveri innocenti colpevoli solo di essere miscredenti.
L’ultima dimostrazione di forza dei “soldati” del califfato ha decretato la morte di trentanove persone e decine di feriti, uccisi nella notte di capodanno in un famoso locale di Istanbul da un terrorista che ha aperto il fuoco freddandoli a colpi di mitragliatore.

La strage di Istanbul nella notte di capodanno è, però, solo l’ultimo attacco che il mondo intero ha ricevuto dall’Isis, che continua ad inneggiare i “lupi solitari” a sacrificarsi e colpire, uccidendo più miscredenti possibile e continuando a seminare il terrore, a indottrinare i popoli, a ridurre in schiavitù le genti.

Numerose sono le stragi che l’Isis ha rivendicato nell’ultimo anno, in Occidente e in Oriente dove le morti sono ampiamente maggiori ma di minore risonanza mediatica.

  • Già nei primi giorni di gennaio dello scorso anno era di trecento morti il bilancio delle vittime dell’attentato che il gruppo terrorista jihadista sferrò a Deir Hezzor, in Siria, nella loro stessa patria.
  • Trentuno morti e trecento feriti è bilancio del doppio attentato che ha colpito Bruxelles nel mese di marzo, uno all’aeroporto di Zaventem e l’altro alla stazione della metro di Maalbeek.
  • Il primo luglio venivano uccise ventinove persone a Dacca, in Bangladesh, dove, nel quartiere diplomatico della città, sette terroristi seminarono morte a mano armata, rimanendo uccisi anche nove connazionali italiani.
  • Sempre nello stesso mese, rivelatosi poi di fuoco, viene realizzato l’attentato di Nizza, che ha portato alla morte di 84 persone, quando un camion scientemente si dirige a tutta velocità lungo la Promenade des Anglais, gremita di persone in festa in occasione della Festa Nazionale francese del 14 luglio.
  • Quattro sono gli attentanti che nel giro di pochi giorni dello stesso mese colpiscono, invece, la Germania, precisamente a Wurzburg, Monaco di Baviera, Ansbach e Reutlingen, con un totale di 15 morti e numerosi feriti.
  • È del 26 di luglio l’attentato alla chiesa di Rouen in Francia, ove due terroristi fanno irruzione prendendo in ostaggio cinque fedeli e sgozzando il prete.
  • Sono, purtroppo, ancora impressi nella memoria gli ultimi attacchi terroristi realizzati dall’Isis, tra i quali quello realizzato a Berlino il 19 dicembre, ove un camion, ripetendo pedissequamente le modalità dell’attentato di Nizza, irrompendo in un mercatino di Natale, ha travolto 56 persone e ne ha uccise 12.

Gli ultimi accadimenti danno un nuovo spunto per delineare le caratteristiche del Califfato islamico, gli ideali perseguiti, l’organizzazione interna ed esterna e le modalità di azione, ad oggi.
Quello che è possibile osservare dalla dinamica che ha caratterizzato la maggior parte di questi attentati è come siano stati il frutto, in molti casi, di una realizzazione autonoma, pur rispecchiante un medesimo formato propagandato dall’Isis, lontana anni luce dagli attentati che hanno caratterizzato i primi anni di questo millennio, che, di medesima matrice islamica, erano, invece, caratterizzati da una maggior imponenza, studio e progettazione, con ovvie maggiori ricadute in termini di gravità degli effetti. Gli attentati odierni, invece, sono meno imponenti, meno plateali ma di numero nettamente maggiore.
Il vero motivo della potenza di questo movimento terrorista sta proprio nel fatto che sia molto difficile identificarlo, in quanto sin da subito non ha puntato ad una corporativizzazione del gruppo formatosi dallo scioglimento dell’esercito iracheno a seguito della caduta di Saddam Hussein, come avevano fatto altri nuclei terroristici in passato ma, al contrario, ha puntato ad espandersi a macchia d’olio mediante l’utilizzo di nuove logiche di aggregazione, rafforzate dal ruolo centrale che i moderni strumenti di comunicazione, Internet in primis, consentono.
Sono sotto gli occhi di tutti i video che girano su YouTube o canali simili, in cui i “soldati” dell’Isis inneggiano all’autoproclamazione dello stato islamico, rivendicano attentanti, impartiscono vere e proprie istruzioni sulla fabbricazione di ordigni, diffondono apertamente messaggi di guerra che vengono raccolti da centinaia di persone nel mondo, spesso lontane dalla cultura islamista, insospettabili, facendo leva, soventemente, su situazioni psicologiche ed economiche precarie che vengono colmate da promesse di gloria e ricchezza.
L’esercito dell’Isis non è solo quello che ha occupato i territori in Siria, Libia e Iraq, proclamandone un nuovo Stato indipendente ed autonomo, ma è formato da centinaia e centinaia di proseliti che seguono da lontano, diffondo i messaggi, reclutano nuovi combattenti da arruolare e mandare in Siria ad addestrare, i c.d. “foreign fighters”.

Ma che cosa è l’Isis?

L’Isis è un gruppo islamista, jihadista salafita, nato e radicato soprattutto in Siria e Iraq, che ha autoproclamato lo Stato Islamico, prima inesistente. Il movimento è nato inizialmente da un gruppo cospicuo di militari dell’esercito di Saddam Hussein, sciolto dopo la sconfitta dell’esercito iracheno per mano degli americani ed esclusi successivamente dalle cariche alle quali erano precedentemente preposti. Senza più alcun potere sono stati gli stessi militari a riorganizzarsi, armandosi e coalizzandosi con altri gruppi bellicosi per riprendersi il potere e un proprio territorio, a qualsiasi costo e con un preciso mezzo…il terrore.

I membri dell’Isis rappresentano una fazione politica estremista islamica, ideologicamente e politicamente spinta da un intento di difesa della popolazione sunnita, a parer loro repressa dalla contrapposta fazione musulmana sciita: proprio tale contrapposizione costituisce uno dei punti di maggior successo del movimento, che ha potuto fare leva su un appoggio incondizionato della popolazione sunnita, da sempre in minoranza e repressa.

L’esigenza di una rivalsa e un riconoscimento rispetto agli sciiti ha portato l’Isis ad un’identificazione anche territoriale, precedentemente mai esistita in maniera così marcata nei gruppi terroristici-islamisti, con la conquista e il controllo diretto dell’autoproclamato Stato Islamico.
Lo Stato Islamico si è organizzato mediante un ordinamento che, da una parte, rispecchia la struttura di uno stato classico, improntato alla garanzia degli studi, la scuola, i trasporti, la sanità…seppur risentano della dell’ideologia estremista che lo anima; dall’altra parte l’Isis agisce seguendo la strada del terrore, perseguendo chi non si piega al credo e alle regole imposte, sia che appartengano alla propria cultura e il proprio popolo, sia, e ancor di più gli stranieri, ai quali non viene nemmeno consentito di adeguarsi alle regole imposte ma che sono da uccidere a prescindere in quanto miscredenti.
Di quanto detto è da sottolineare che, proprio a differenza degli altri movimenti politici estremisti-islamisti l’Isis non combatte solo contro l’Occidente, come avevano fatto altri prima, ma attacca anche il nemico più vicino, rappresentato dalle stesse popolazioni islamiche che non si convertono completamente ai “diktat” del nuovo Stato, costituendo un pericolo, pertanto, non solo per le popolazioni occidentali più o meno lontane, ma per gli stessi Stati e Governi islamici.
Pur se ancora localizzato entro un territorio “ristretto”, l’Isis aspira a diventare il modello di tutti gli altri Stati appartenenti all’Islam, proponendo un modello di ispirazione e spingendo questi ad entrare a farne parte, allargando, così, il territorio dello Stato. Proprio l’identificazione con il territorio costituisce una delle novità di tale movimento terrorista, perché solo con il dominio diretto su questo si può fondare un vero e proprio Stato.
Molto poco si sa, invece, circa l’organizzazione interna, i leader, le cariche istituzionali, perché l’Isis, rimanendo un movimento di stampo terroristico, cerca di mantenere riservate e segrete questo tipo di informazioni, seppur, ad oggi, si ha un’idea più chiara di chi siano, effettivamente, i personaggi di maggior influenza.
Poche sono, altresì, le notizie relative agli armamenti di cui l’esercito dispone, stante il fatto che si tratta di un esercito non sorretto da una potenza economica e militare ben radicata, né si tratta di un contingente militare che possa essere il frutto di una formazione nel tempo, data la natura recente del fenomeno; si tratta, invece, di uomini reclutati, appunto, in parte dal vecchio esercito dismesso di Saddam Hussein, in parte da altri gruppi di terroristi locali che accorpandosi hanno trovato modo di crescere, assieme a numerosi seguaci che da tutto il mondo hanno deciso di intraprendere la jihad (travisata nell’interpretazione degli estremisti islamici, da un significato di sforzo intellettuale, interiore, diretto al migliorarsi degli stessi fedeli, così come secondo l’interpretazione moderata, ad una vera e propria guerra santa contro gli infedeli, finalizzata alla diffusione dell’Islam) e, pertanto, di sacrificarsi.

Le armi

Le armi, hanno differente provenienza: per la maggior parte derivano dagli arsenali dell’ex esercito iracheno, dei cui depositi i terroristi si sono impadroniti conquistandone i relativi territori; in parte vengono sottratte ai militari sconfitti; molte vengono comprate (e purtroppo vendute anche dagli Stati occidentali per soli fini economici) con i finanziamenti, inizialmente più ingenti, provenienti da ricchi privati che agli albori ne hanno finanziato la campagna di espansione ma, attualmente, la più prospera fonte di ricchezza dello Stato Islamico e del suo esercito deriva dagli strumenti di autofinanziamento che sono stati conquistati, quali banche locali, riscatti, tassazioni imposte alle popolazioni locali, vendita illegale del petrolio estratto dai pozzi sui quali hanno il controllo…attuali obiettivi degli attacchi degli eserciti stranieri.
Bisogna, tuttavia, sottolineare come l’esercito dello Stato Islamico sia il nulla rispetto agli eserciti degli Stati che lo stanno attaccando con bombardamenti e attacchi da terra, tra i quali spiccano l’esercito americano e quello russo; come è possibile, allora, che l’Isis continui ad ottenere tanto successo?
In realtà, l’esercito dello Stato Islamico riesce ad avanzare solo quando non trova alcun problema avanti a sé, quindi nei casi in cui nessun altro esercito lo fermi: è il caso del poco interesse degli stessi Stati vicini, di cultura islamica che, impegnati a risolvere i numerosi problemi interni non hanno, fino ad ora, dedicato grande attenzione e un massiccio spiegamento di risorse e forze armate nella lotta contro l’Isis. Nemmeno le grandi potenze mondiali, la Russia e l’America quali principali attrici, hanno, ad oggi, voluto risolvere una volta per tutte il problema, in quanto nella lotta contro l’Isis e i territori sui quali comanda si riflettono le storiche inimicizie tra Russia e America, annullando spesso, di fatto, l’efficacia dei propri attacchi. I Russi non vogliono immolare i proprio militari per riconquistare e liberare Raqqa (roccaforte dell’Isis) perché così rischierebbe che i ribelli, filo-americani, vadano a conquistare Damasco; Obama, invece, temeva che liberando Raqqa, questa sarebbe rimasta sotto il controllo di Assad, attuale Presidente siriano, di fatto dipendente da Putin.
Si è visto come l’Isis nel suo movimento di espansione abbia goduto di notevoli elementi di fortuna, quali l’indecisione degli altri Stati di debellarlo una volta per tutte, la facilità di reclutamento dei suoi membri e di trovare risorse economiche, la fragilità dei governi che lo circondano e la mancanza di una qualificata alternativa al potere di questi territori, la strumentalizzazione del credo religioso per fini che non gli appartengono.
Non la sola buona sorte ha però, fino ad ora, consentito il successo dello Stato Islamico, che, bisogna sottolineare, è capeggiato da personaggi senza scrupoli, signori della guerra che godono di una sofisticata cultura politica e militare, che, se lasciati liberi di avanzare sono in grado di commettere ancora stragi e conquistare nuovi territori, avvicinandosi sempre più all’obiettivo principe di una costituzione di un unico grande Stato Islamico.

Quali sono, dunque, le strade che è possibile percorrere per debellare l’Isis e riportare la libertà e la pace ai popoli ormai sottomessi e ridotti nel terrore?

Si è già sottolineato come l’Isis non abbia una grande potenza militare, quindi nell’immediato occorre riconquistare i territori occupati, così da disancorarla dalla reale fonte del suo potere e caratteristica che lo differenzia rispetto agli altri movimenti terroristici: così facendo lo Stato Islamico tornerebbe ad essere uno tra i tanti e non potrebbe più inneggiare ad un concretizzabile obiettivo di costituzione del Califfato, non avendone i presupposti di base, ossia i territori. Inoltre, proprio la radicalizzazione territoriale rappresenta, allo stesso tempo, un punto debole dell’Isis, perché più facilmente annientabile da un ordinario esercito militare.
Proprio questa considerazione suscita l’osservazione che per poter perseguire tale primo obiettivo occorre una reale volontà degli Stati che dispongono di un esercito, diretta a liberare quanto l’Isis ha sottratto alle popolazioni.
Un secondo strumento di lotta contro lo Stato islamico e i suoi terroristi è l’intercettazione, distruzione e blocco delle fonti di finanziamento di cui questi godono, in tal modo avrebbero sempre meno possibilità e disponibilità per perseguire i propri obiettivi, fino a ridurli nell’impossibilità di farlo. Questo compito spetta a tutti gli Stati che nel mondo hanno rapporti economici con i territori adesso appartenente allo Stato Islamico, i quali sono chiamati ad interrompere le trattative commerciali, a bloccare ogni flusso economico che possa arricchirli, fino, in estremo alla dichiarazione di embargo, come già è avvenuto da parte dell’ONU nei confronti della Siria.
Tutto quanto detto, però, deve essere supportato da una reale alternativa politica che sia in grado di governare, diversa dalle precedenti che hanno portato allo stato attuale e al malcontento della popolazione sunnita, tanto da cercare protezione nell’Isis. Serve, perciò, un Governo alternativo che riesca a far convivere i musulmani sunniti con quelli sciiti.
Tutto ciò deve esistere già prima della sconfitta dell’Isis, tanto da non lasciare i territori liberi e senza controllo, in mano a soggetti senza scrupoli in cerca solo di potere, evitando che si ripetano i fatti che la storia più recente ci ha lasciato, quali l’uccisone di Gheddafi e l’abbandono della Libia nel caos.

Quando e come tutto ciò si realizzerà non ci è dato ancora saperlo.

Di Lorenzo Lucarelli

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