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Chernobyl: i numeri di un “mito”

Chernobyl: i numeri di un “mito”

Ad oltre trent'anni dal più grave incidente dell’era nucleare facciamo chiarezza sulle conseguenze che popolazione e addetti ai lavori dovettero subir

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Ad oltre trent’anni dal più grave incidente dell’era nucleare facciamo chiarezza sulle conseguenze che popolazione e addetti ai lavori dovettero subire negli istanti, nelle ore e negli anni immediatamente successivi al “tragico” evento.

26 Aprile 1986, ora locale 01:23:44, nel corso di un “test di sicurezza”, il reattore quattro della centrale nucleare “V.I. Lenin”, 16 km a sud dal confine con la Bielorussia, viene scoperchiato da un’enorme esplosione, il solaio viene distrutto e gran parte del tetto crolla: parliamo di Chernobyl, il più grande disastro dell’era nucleare, oggetto di numerosissime inchieste ufficiali e altrettante speculazioni mediatiche e governative.

Ma cerchiamo, per una volta, di concentrare l’attenzione sui numeri reali di questo incidente sgomberando il campo da preconcetti, mistificazioni e paure.

Qualche numero

Lo scoperchiamento del reattore provocò l’incendio del nocciolo per effetto del contatto con l’aria a temperatura ambiente e i primi ad intervenire furono, quindi, i vigili del fuoco. Per l’esattezza seicento uomini di età compresa tra i 20 e i 60 anni.

In totale i morti per la radiazione furono 28 a cui ne andarono aggiunti 3 deceduti in seguito a traumi da esplosione. Nel periodo 1986-1998 ne morirono altri 11, di cui 8 per cause estranee all’incidente, 2 per tumore e 1 per leucemia.

Tra il 1986 e il 1990 furono poi impiegate 645.000 persone per la decontaminazione del sito, i cosiddetti liquidatori, individui di ogni educazione, provenienza ed estrazione sociale. Nei 9 anni successivi ne morirono 27.000 per cause però estranea alla radiazione. La distribuzione statistica delle cause di morte risultava infatti analoga a quella della popolazione non coinvolta nell’incidente (54% per ferite ed intossicazioni, 20% per problemi cardiovascolari, 15% per tumori).

E quali furono invece le conseguenze per la popolazione?

116.000 persone furono evacuate, 220.000 ridislocate. Negli anni successivi all’incidente fu dimostrato un aumento della frequenza di cancro alla tiroide nei giovani che al momento dell’incidente avevano meno di 18 anni: i casi furono circa 10.000 in alcune regioni della Russia, dell’Ucraina e della Bielorussia. Al contrario, l’incremento dell’incidenza di leucemie non è stato ancora mai dimostrato e non ne viene fatta menzione in rapporti ufficiali.
Ultimo “effetto”, ma non per importanza, fu la riduzione dell’aspettativa di vita di sei anni, conseguenza analoga a quella prodotta in un fumatore dal consumo quotidiano di venti sigarette.

Questo il quadro reale della situazione, queste le cifre ufficiali. Fa ancora così paura questa “apocalisse” nucleare? A voi le considerazioni.

#FacceCaso

Di Christian Di Carlo

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