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Antonio Megalizzi era un giornalista, un ragazzo. Uno di noi

Antonio Megalizzi era un giornalista, un ragazzo. Uno di noi

La morte di Antonio Megalizzi ci mette spalle al muro, ci fa capire ancora una volta quanta fragilità ci sia nella vita e che cosa possa rischiare un

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La morte di Antonio Megalizzi ci mette spalle al muro, ci fa capire ancora una volta quanta fragilità ci sia nella vita e che cosa possa rischiare un ragazzo come noi che vuol lavorare per passione.

Antonio Megalizzi aveva 28 anni, italiano, un ragazzo che svolgeva la professione di giornalista di Europhonica, una web radio dedicata all’Europa, che insieme al suo lavoro era la sua passione.
È morto per un proiettile che l’ha raggiunto nell’attentato a Strasburgo dello scorso 11 dicembre. Non è sfuggito a una strage, trovandosi lì proprio dopo aver svolto un’intervista, proprio dopo aver lavorato.

Potremmo parlare di cosa significhi ancora morire a causa di un attentato in Europa, del pericolo terrorismo e il rischio continuo di radicalizzazione islamica. Ma sono temi che non vogliamo trattare, e non ci sembrano opportuni se dobbiamo pensare a un giovane che sentiamo così vicino, per una storia che ci riguarda tutti.
Ci riguarda in primis come giornalisti, ragazzi giovanissimi che come lui dedichiamo il nostro tempo a scrivere, a dare informazione, a fare notizia.

E ci sembra la cosa più tranquilla del mondo, non può mai sembrare come prima cosa un rischio per noi stessi. Almeno non sempre lo è, dato che poi ci sono situazioni complicatissime per i giornalisti, come chi racconta storie di crimini, chi smaschera i “cattivi” con inchieste e chi fa reporter da luoghi difficili, come zone di guerra.
Ma uscire dalla porta di un palazzo amministrativo dell’Unione Europea, quello no, quello è diverso.

La situazione per Megalizzi era apparsa grave fin da subito, dopo che un proiettile lo aveva colpito in testa. Ma la notizia più dolorosa ci avvicina tutti. Era uno di noi, amava scrivere, viveva con l’idea futurista (che teoricamente dovrebbe essere presente) della necessità di un’Europa unita e forte. Amava la sua Europa, e in funzione ad essa lavorava. Politica, Europa, giornalismo, radio, passione per il calcio.

Potrei ritrovarmi in questa descrizione come se volessi descrivermi in terza persona, e invece parlo di un ragazzo che non c’è più, di Antonio che avremmo potuto incontrare in un pub e ritrovarci a chiacchierare di questi temi senza neanche conoscerci.
La vita si è spezzata, e ci sentiamo un po’ spezzati anche noi. Alla famiglia siamo vicini, così come non dimenticheremo la passione che sempre rimarrà di Antonio Megalizzi, un ragazzo, un giornalista, uno di noi.

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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