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E fu così che anche il Governo del cambiamento iniziò a fare cassa sulla scuola

E fu così che anche il Governo del cambiamento iniziò a fare cassa sulla scuola

L’ANIEF comunica che la scuola è tra i comparti pubblici con cui il Governo continua a fare introiti, altro che cambiamento e vicinanza con l’Europa.

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L’ANIEF comunica che la scuola è tra i comparti pubblici con cui il Governo continua a fare introiti, altro che cambiamento e vicinanza con l’Europa.

Nel Documento di Economia e Finanza del 2019 (di cui avevamo accennato già qualcosa QUI), presentato dal Governo qualche giorno fa, in esame al Senato, si legge che rispetto al Pil, l’investimento pubblico che riguarda la formazione è sceso dell’8%. L’impegno economico per la scuola salirà di nuovo solo nel 2045, al 3,3%. In questo arco temporale si dilaterà il margine con il resto d’Europa, dove in media si spende il 4,9% con punte del 7%.

Il rapporto spesa/PIL mostra un andamento gradualmente decrescente che si prevede rimanere cosi per circa quindici anni. Dal 2022 tale riduzione è essenzialmente trainata dal calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche. Secondo quello che viene riportato nel Def 2019, il Governo non ha alcuna intenzione di lasciare inalterati gli organici del personale scolastico, anche se ci fosse una sensibile riduzione degli iscritti. La proiezione degli economisti dell’amministrazione contrasta con i principali obiettivi programmatici dell’azione di Governo, all’interno dei quali ci sarebbe anche il sostegno all’istruzione scolastica e universitaria e alla ricerca attraverso misure che finanzino lo sviluppo.

Cambierà qualcosa?

Nel Def ci sono una serie di punti che riguardano lo sviluppo dell’istruzione pubblica, tra cui promuovere la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture con investimenti mirati. Per quanto riguarda il settore scolastico si fa riferimento alla necessità di un Testo Unico che sistematizzi in modo organico tutte le norme che riguardano la scuola. C’è stato lo stanziamento, inoltre, di importanti risorse, con un decreto di novembre 2018.

Altri punti caldi

Si vuole migliorare anche l’offerta formativa, avviando misure per assicurare il reclutamento dei docenti con titoli idonei ad insegnare la lingua inglese, la musica, l’educazione motoria nella scuola primaria anche usando, nell’ambito delle risorse disponibili, docenti abilitati all’insegnamento in possesso di competenze certificate. Si fa riferimento anche ad una razionalizzazione della spesa. Nessun accenno, però, alle condizioni che muteranno per giustificare il sensibile calo di investimenti per il comparto.

È ovvio che si tratterà di una riduzione di spesa legata agli organici del personale, approfittando della riduzione del numero delle nascite e quindi del numero di alunni. Rispetto all’Europa, se si guarda gli ultimi dati Eurostat riferiti al 2015 e calcolati sul totale di risorse destinate all’educazione dai Governi dell’Ue, l’investimento dell’Italia per l’istruzione è ancora più negativo.

#FacceCaso

Di Licia Oleandro

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