Si chiama Chroma ed è un'invenzione per le donne in gravidanza ideata da un team tutto al femminile dell'Università Luigi Vanvitelli di Caserta. Anch
Si chiama Chroma ed è un’invenzione per le donne in gravidanza ideata da un team tutto al femminile dell’Università Luigi Vanvitelli di Caserta.
Anche nei momenti più cupi sì può trovare la giusta scintilla per idee brillanti. È quanto accaduto ad un team di studentesse dell’Università Luigi Vanvitelli di Caserta, che durante il periodo di Lockdown ha ideato Chroma. Si tratta di una soluzione innovativa per alcuni problemi concreti, che riguardano le donne in gravidanza. Dal monitoraggio del feto allo spostamento per le visite di controllo. L’idea consiste in una fascia di tessuto con delle sonde incorporate per un controllo costante su movimenti e battito cardiaco del nascituro. Il tutto coniugato con un una serie di fibre elastiche che cambiano forma e dimensioni adattandosi al pancione.
Grazie ad esso le future mamme possono tenere sotto controllo l’andamento della gestazione e limitare al minimo indispensabile le visite dal medico specialista. Il che, in epoca di Covid, potrebbe contribuire ad eliminare un possibile fattore di “spostamenti necessari”.
La validità di questa idea è stata confermata da un prestigioso riconoscimento. Le tre giovani ideatrici, Daria Cermola, Roberta Gragnano e Flavia Mastroberardino, hanno ricevuto un premio al James Dyson Award, un importante concorso internazionale di progettazione e design. “La sinergia tra innovazione tecnologica e la conoscenza dei meccanismi messi in atto dalla natura – ha raccontato la professoressa Carla Langella, che ha coordinato il progetto – permette di migliorare la vita di molte persone. Nel caso della maternità, in un momento di grande gioia ma anche di fragilità“.
Merito condiviso
La gratificazione per il premio ricevuto, inoltre, compensa anche gli sforzi profusi per portare avanti un simile lavoro restando a distanza. E il merito del successo non può non essere condiviso con i diversi collaboratori esterni di cui si sono avvalse le ragazze per sviluppare Chroma. Nello sviluppo pratico hanno potuto contare, tramite il loro ateneo, sull’appoggio e la consulenza di vari profili professionali. Tra cui quello di Valentina Perricone, biologa e dottoranda, che ha trovato il modo di applicare il meccanismo naturale dei cromatofori (tipico dei cefalopodi) a un tessuto. In questo modo lo ha reso in grado di dare feedback visivi con il passare dei mesi.
In questo trionfo di ingegnosità tecnica tutta in rosa, va però dato atto anche a due quote blu del loro prezioso contributo. Il ginecologo Giovanni Da Palma, che da tempo stava studiando metodi di monitoraggio della gravidanza, ha potuto fornire preziose consulenze. Mentre l’ingegnere napoletano Biase Celano ha supportato la parte di sviluppo tecnologico dell’invenzione.
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