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Lezioni di arabo a scuola: integrazione al contrario o apertura a nuove culture?

Le lezioni che prendono vita a Molinella suscitano perplessità: è giusto che i bambini italiani apprendano questa lingua e che non avvenga anche il co

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Le lezioni che prendono vita a Molinella suscitano perplessità: è giusto che i bambini italiani apprendano questa lingua e che non avvenga anche il contrario?

C’è polemica in Emilia Romagna, a seguito della circolare di una scuola elementare di Molinella, vicino Bologna, che ha formalmente introdotto lo studio della lingua araba nell’istituto. Il nome ufficiale dell’iniziativa è “Alla scoperta della lingua araba a chilometri zero”, che non è un corso obbligatorio, ma che ha già spontaneamente coinvolto settanta iscritti. L’obiettivo è quello di garantire “una migliore integrazione linguistica e culturale degli alunni residenti nel territorio, avvicinando costumi, linguaggi e tradizioni”. A lezioni iniziate, una ventina di studenti sono italiani e non solo bambini di scuola elementare, ma anche giovani delle scuole medie e delle superiori.

Il presidente della comunità siriana di Molinella, Nabil Al Mureden, medico, ex primario in pensione, esercitante la professione in Italia, è l’ideatore dell’iniziativa e si dichiara molto soddisfatto della partecipazione mostrata da bambini e genitori. Insegnare l’arabo era un obiettivo che già ci si era posti e al fine del quale erano stati adibiti i luoghi di preghiera, ma alle lezioni nella moschea, nessuno aveva mai preso parte. Era necessario, dunque, estendere l’iniziativa a strutture laiche e si era chiesto al Comune di fornire luoghi adeguati , lontani dall’ambito religioso. La polemica si è aumentata da quando la proposta è stata estesa a tutta la Provincia di Bologna: ci si aspetta che l’arabo venga insegnato su tutto il territorio. A questo proposito, suscitando grandi perplessità, l’arcivescovo di Bologna, Zuppi, si è dichiarato favorevole alla costruzione di una moschea.

Il numero dei partecipanti al corso di arabo fa ben sperare: che ci sia apertura alla conoscenza e alla cultura, perché ciò che si teme di più, è proprio quello che non si conosce.

Di Silvia Noli

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