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Brasile blocca WhatsApp per 72 ore

Brasile blocca WhatsApp per 72 ore

Lo scorso 26 aprile, ora locale 14:00, è stato imposto a tutte le compagnie telefoniche brasiliane, a rete fissa e mobile, il blocco dell’App più popo

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Lo scorso 26 aprile, ora locale 14:00, è stato imposto a tutte le compagnie telefoniche brasiliane, a rete fissa e mobile, il blocco dell’App più popolare del paese.

Di Irene Tinero

A noi il commissario Montalbano, al loro il giudice Marcel Montalvao del tribunale di Lagarto, stato del Sergipe: l’uomo è stato per alcuni giorni al centro di una polemica, a seguito della sua decisione di fermare l’attività di WhatsApp per tre giorni. Sono state coinvolte tutte le compagnie del paese, ovvero TIM, Oi, VIVO, CLARO, NEXTEL, che hanno ovviamente scelto di rispettare il divieto impostogli: in caso di mancata adesione era prevista un multa giornaliera di 150.000 euro. Giornaliera.

Il Brasile non è nuovo a certi fatti: non è la prima volta che la vita dei social network viene messa in seria difficoltà. Nel dicembre 2015, il tribunale di San Paolo ha imposto un blocco di 48 ore, sempre a spese dell’app di messaggistica, proprietà Facebook. “E’ un giorno triste per il Brasile” aveva commentato Mark Zuckerberg. Lo scorso marzo, Montalvao, aveva deciso per l’arresto di Diego Dzodan, vicepresidente Facebook per l’America Latina. Che il Brasile sia diventata una dittatura e miri alla distruzione della libera espressione? Niente di tutto ciò. In entrambi i casi la decisione “estrema” è stata presa a seguito di un rifiuto da parte dell’azienda di fornire dati utili a delle indagini: la giustificazione è sempre la privacy e nel primo caso fu una mancata partecipazione ad una indagine penale; recentemente si sono rifiutati di fornire informazioni determinanti per delle inchieste riguardanti il traffico di droga. Per tutelarsi completamente, la compagnia ha adottato la “crittografia end-to-end”, in grado di criptare i messaggi così che WhatsApp o terzi non possono entrarne a conoscenza: ecco perché quando invii un messaggio su di una nuova chat compare l’icona di un lucchetto!

È impossibile non rimandare il pensiero alla strage di S. Bernardino, California, del 2 dicembre 2015: marito e moglie, affiliati dello Stato Islamico, entrano in un centro per disabili uccidendo 14 persone e ferendone 24. Conosciamo tutti l’intensa polemica che si è scatenata di li a poco tra Apple e FBI: il Federal Bureau of Investigation intendeva conoscere il codice segreto di accesso all’iPhone del terrorista, perché non conoscerlo equivale a tentare disperatamente (ed in vano) fino ad un massimo di dieci volte, dopo le quali tutti i dati nel telefono si cancellano automaticamente, in caso di errata digitazione. Della serie, questo messaggio si autodistruggerà in pochi secondi. La posizione della Apple è rimasta irremovibile anche davanti la contrapposizione di John McAffe, creatore di software antivirus, Bill Gates, ma soprattutto dopo la protesta dei familiari delle vittime.

Secondo il blog TechCrunch, Whatsapp in Brasile è utilizzato da 93 milioni di utenti, pari al 93% delle persone che hanno una connessione internet: saranno tutti lieti di vedere così tutelata la loro privacy, ma forse non per gli stessi motivi. Un conto se hai l’amante, un altro se stai organizzando un attentato. C’è un limite da imporre al concetto di privacy, troppo spesso strumentalizzato, e coincide con la sicurezza collettiva.

Di Irene Tinero

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