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Il mistero dei suicidi all’università di Bristol

Il mistero dei suicidi all’università di Bristol

Bristol, ateneo universitario quotatissimo. In 16 mesi sette studenti si sono tolti la vita. Sotto accusa l’eccessiva competitività. Una cittadella a

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Bristol, ateneo universitario quotatissimo. In 16 mesi sette studenti si sono tolti la vita. Sotto accusa l’eccessiva competitività.

Una cittadella accademica immersa nel sangue quella di Bristol. L’Università, tra le eccellenze britanniche e mondiali del sistema accademico, è infatti sconvolta da quasi un anno e mezzo da una serie di suicidi.

Ne parliamo proprio a pochi giorni dalla morte del settimo allievo, Justin Cheng, studente all’ultimo anno di legge e proveniente addirittura da Toronto. A darne l’annuncio su Facebook ci ha pensato la sorella, con una frase che significa molto. “Mio fratello soffriva di una grave depressione che alla fine ha condotto al suo decesso”.

Depressioni, ansie, prestazioni accademiche da tenere sempre al massimo. Si cercano di capire le molteplici cause, anche se sembrano indirizzarsi tutte verso la necessità di eccellere h24 per rimanere competitivi in questo Campus.
Del resto Bristol ha la cinquantesima università al mondo. Eppure dall’ottobre del 2016 la fama si sta spostando su questi decessi. Fu Miranda Williams la prima, studentessa di 19 anni suicida con un’overdose di farmaci. Poi Daniel Green, primo anno di storia e trovato impiccato. Kim Long e un anno fa la ventitreenne Lara Nosiru.

Tanti, troppi morti, così che un team di 28 psicologi è stato assunto dall’università per eliminare il problema alla radice. Ma basterà davvero questo? Speriamo di non dover sentire altri fatti di cronaca nera.

#FacceCaso

Di Umberto Scifoni

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