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Perché noi prendiamo la “scossa” e i piccioni no?

Perché noi prendiamo la “scossa” e i piccioni no?

Cerchiamo di far capire a tutti, ma proprio a tutti, perché piccioni, e altri volatili, possano trascorrere buona parte delle loro giornate poggiati s

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Cerchiamo di far capire a tutti, ma proprio a tutti, perché piccioni, e altri volatili, possano trascorrere buona parte delle loro giornate poggiati su un filo elettrico, o magari un traliccio, senza “lasciarci le penne”

Continuiamo il nostro viaggio nel mondo delle credenze popolari, dei miti e delle domande da bar nel mondo della scienza, e lo facciamo con un interrogativo che tutti, almeno una volta, abbiamo posto al nostro amico bravo in fisica: ma perché i piccioni non hanno paura della “scossa”?

Le abitudini di questi volatili sono note: amano stare fermi, osservare la scena da una posizione privilegiata, rialzata, e quando i cornicioni dei palazzi appaiono scomodi o troppo lontani, eccoli che raggiungono i fili elettrici più vicini,  quelli che più correttamente dovremmo chiamare linee aree di trasmissioni o distribuzione della rete elettrica nazionale. E vivono, semplicemente vivono. Non li vediamo cadere arrostiti, e nemmeno infastiditi dalle “scosse”, di minore entità, che ognuno di noi ha avuto la sfortuna di provare almeno una volta nella vita.

Cosa ci dice la fisica a riguardo?

Per capire cosa c’è dietro questo “superpotere” è necessario introdurre brevemente le due grandezze che spiegano e regolano l’intero mondo dell’elettricità. Affinché una persona, o il piccione di turno, possa risentire degli effetti, spesso letali, dell’elettricità, è necessario che scorra attraverso di lui una corrente. È proprio questa corrente quella che sentiamo scorrere dentro di noi quando avvertiamo di aver preso la “scossa”. Per fluire, però, essa richiede che esista una differenza di tensione, si, non semplicemente una tensione, ma una differenza.

Perché una corrente possa fluire tra due punti è necessario che questi due punti posseggano una tensione differente.

Per comprendere meglio la questione paragoniamo la tensione all’altitudine, e la corrente ad una serie di pesanti rocce. E noi? E i piccioni?
Ecco, immaginiamo di essere per un momento un piccione e di trovarci a una certa quota sul livello del mare. Guardiamo le pesanti rocce, le osserviamo, ma nulla succede, perché esse non rotolano, non vengono verso di noi. Qualunque sia l’altitudine, se il terreno è pianeggiante, i massi non si muovono.
Immaginiamo, invece, adesso, di trovarci alle pendici di un alto monte. Noi siamo ad una certa altitudine, i massi sono invece in cima alla montagna: essi cominceranno a rotolare, prendendo velocità e viaggiando rapidi verso di noi. In questo secondo caso, il nostro destino è segnato.

Ecco, quando un piccione si poggia su filo elettrico, qualunque sia la sua tensione, ricade nel primo caso. La tensione c’è, ed è alta, altissima, ma nessuna corrente scorre attraverso il suo corpo. Entrambe le sue corte zampe poggiano sullo stesso filo, “sentono” la stessa tensione, e la corrente, come succede ai massi in pianura, non riesce a scorrere in assenza di una differenza di tensione.

Diverso il destino degli sventurati piccioni che in fase di atterraggio o decollo hanno la sfortuna di toccare con le ali due fili distinti: beh, in quel caso aspettiamoci di trovarlo a terra decisamente annerito.

#FacceCaso

Di Christian Di Carlo

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