Si discute in questi giorni di quando far rientrare tutti gli studenti a scuola. Prima o dopo Natale? Prima o dopo il ponte dell'8 dicembre? Quando r
Si discute in questi giorni di quando far rientrare tutti gli studenti a scuola. Prima o dopo Natale? Prima o dopo il ponte dell’8 dicembre?
Quando riaprirà la scuola? Punto di domanda sospeso fra i rimpalli di responsabilità tra Miur, sindaci, presidenti di regione e comitati tecnici. Chiuse da marzo a settembre. Riaperte, chi prima chi dopo, a fine estate e poi subito richiuse a metà ottobre, perché la super arma segreta anticovid dei banchi con le rotelle ha fallito miseramente. O forse anche per tanti altri motivi inspiegabilmente sottovalutati. I genitori protestano. I ragazzi pure. Ma fino a questo momento la didattica a distanza, tra mille problemi, è stata l’unica strada. “Ora però – gridano in molti – anche basta, no?”
Il governo sta vagliando in questi giorni, in vista del prossimo decreto, le possibili soluzioni per far tornare gli alunni tra i banchi. Le cinquanta sfumature di rosso-arancio-giallo dello stivale rendono però problematica la questione.
“Per me è molto importante riportare a scuola pian piano i nostri studenti, sempre a condizione che la curva dei contagi decresca“. Lo ha dichiarato la ministra Azzolina in un recente intervento televisivo su Rete 4. Proprio lei che non avrebbe mai voluto chiuderle, oggi parla di “prudenza, gradualità, secondo dei principi di proporzionalità”. In ogni caso, le attuali chiusure sono state di fatto decise dagli enti locali. In particolare nelle zone dove i contagi erano più elevati. Infatti, a macchia di leopardo, sono numerosi gli istituti che hanno proseguito con la presenza in classe alternata alla dad. Che poi è proprio il metodo che si punta ad applicare su tutto il territorio nazionale. Anzi, ri-applicare. Perché era già previsto in partenza.
Sì, ma da quando? Alcuni temerari nei giorni scorsi ipotizzavano già il 3 dicembre. Proprio allo scadere del dpcm attualmente in vigore. Il problema è che cade di giovedì. Si tornerebbe a scuola per due, massimo tre giorni prima del ponte dell’Immacolata. A questo punto sembra più logico il 9. E infatti proprio su quella data sembra si sia trovata la quadra tra Consiglio dei Ministri e i sindaci. Ma ecco che arriva la voce contraria delle regioni.
Le regioni unanimemente hanno ritenuto di suggerire al governo di procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza.
A parlare è Giovanni Toti, presidente della Liguria, il quale aggiunge che riaprire ora “sarebbe una mossa inopportuna in questo momento soprattutto alla vigilia della pausa festiva e in assenza di un programma di scaglionamento degli ingressi oltre che di un servizio pubblico adeguato, visto che oggi prevede capienza al 50%”.
Il parere dei tecnici
Anche la posizione di virologi e tecnici sembra frenare gli ottimismi. Il commissario Domenico Arcuri ha dichiarato:
Tenere chiuse le scuole per noi è motivo di dolore. Oggi prendiamo atto che le misure stanno portando i risultati auspicati, nelle prossime settimane ci sarà tempo di discutere su una riapertura, ma sapendo sempre che vogliamo evitare un’ulteriore recrudescenza
Più specifico, ma sulla stessa lunghezza d’onda, è il dottor Andrea Crisanti:
Sulle scuole è esclusivamente una questione di metodo. Abbiamo gli strumenti per verificare qual è l’impatto della riapertura delle scuole? Se sì riapriamo, se è no è chiaro che dobbiamo attrezzarci. Il problema è se abbiamo un sistema per misurare se c’è trasmissione all’interno delle scuole aperte? E se aumenta cosa facciamo? Questa è la domanda da porsi.
In tutto questo, come al solito, chi ci va di mezzo sono gli anelli più deboli della catena decisionale. Cioè studenti e famiglie. Che però sono sempre più stufi di una situazione di disagio che si sta protraendo da troppo tempo. E pretendono di sapere il più presto possibile quando se ne verrà fuori.
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